Napoli e la sua regwne l'industrializzazione in Can1pania; e dall'altro lato si inserisce nel più generale discorso sulla politica di sviluppo del Mezzogiorno. Quando il 18 ma:rzo ho parlato all'Antisala dei Baroni, io ho formulato un'ipotesi grazie alla quale ci si poteva fare un'idea dell'ordine di grandezza degli investimenti necessari se noi vogliamo, di qui al 1975, dare un'occupazione stabile nel Mezzogiorno a tutti coloro che lasceranno le campagne del Mezzogiorno (al ritmo ipotizzabile del 4% annuo che è il ritmo degli ultimi anni) e se noi vogliamo dare altresì un'occupazione stabile alla metà almeno dell'incremento naturale delle forze di lavoro meridionali (circa 430 mila unità). Si tratta di oreare un milione circa di nuovi posti di lavoro. Ma allora occorrono investimenti per poco meno di 30 miliardi. Il che significa, sempre che l'ammontare degli investimenti nazionali possibili non dovesse risultare, nel quinquennio, inferiore alle previsioni (che calcolano circa 66 mila miliardi), che il 43% di questi investimenti deve essere realizzato nel Mezzogiorno: il 43 % e non il 28 % , come è stato fra il 1961 e il 1968. E quando l'onorevole Giolitti ha scritto sul « Mondo » che la concezione della programmazione che hanno i repubblicani si distingue da quella dei socialisti, perché la concezione dei repubblicani sarebbe « neutrale » e « imparzialmente razionalizzatrice » del cosiddetto « sistema», mentre la concezione dei socialisti sarebbe diretta a « spostare » gli equilibri del cosiddetto « sistema » per ampliare la quota di reddito e di potere nelle mani dei lavoratori, quando l'onorevole Giolitti ha scritto questo, io gli ho risposto, dalle colonne dello stesso giornale, che la sua concezione della programmazione può essere giusta, a patto, però, che non dia luogo a più gravi squilibri, ad un peggioramento della condizione di categorie e regioni che sono meno protette dal punto di vi,sta sindacale le une e meno avanzate dal punto di vista industriale le altre; e quindi che la nostra concezione della programmazione non è affatto «neutrale» dal momento che assume come ipotesi di priorità assoluta la piena occupazione nel Mezzogiorno delle forze di lavoro del Mezzogiorno; e dal momento che precisa in termini quantitativi, le risorse che devono essere impegnate per occupare entro il 1975 nel Mezzogiorno coloro che abbandoneranno le campagne del Mezzogiorno ed almeno la metà di coloro che entreranno in questi anni sul mercato meridionale delle forze di lavoro. In questo senso il discorso sui settori dell'industrializzazione in_ Campania si inserisce nel più generale discorso sulla politica di sviluppo del Mezzogiorno e sulla politica di programmazione. E precisati i termini di questo inserimento, noi ci possiamo domandare a quali tipi di attività industriale si deve guardare per assicurare alla Campania un ritmo di sviluppo rilevante e un soddisfacente aumento dell'occupazione nelle 119 ·BibliotecaGino Bianco
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