Nord e Sud - anno XVII - n. 123 - marzo 1970

.. I Sul caso Garaudy I Il disco,rso portato avanti da Garaudy è più freddo, più dottrinario, e risente fortemente del suo vecchio costume di militante, di burocrate del partito che va avanti a colpi di citazioni di Lenin, affacciandosi solo timidamente con qualche idea originale. Egli accusa il partito comunista sovietico - .e ovviamente anche quello francese - di essere strutturato in maniera antidemocratica e dimentica disinvoltamente che tale struttura gliela aveva data quel Lenin da lui co:ntinuamente chiamato a sostegno delle sue tesi; parla di un nuovo « blocco sto,rico » fo,rmato dagli o,p,erai e dalla nuova classe dei tecnici e degli intellettuali, ma non riesce ad indicare per la nuova società un modello diverso, da quello burocratico, se non come generica aspirazione; rifiuta la via parlamentare per la conquista del potere nei paesi ad econo•mia capitalistica, ma non sa dare altra indicazione se non rispolverando, il mito, soreliano dello sciopero nazionale, « version·e aggiornata all'età della cibernetica - ha commentato giustamente Arrigo Levi - del tradizio,nale sciopero generale ». Un discorso di questo genere non poteva certo suscitare grandi speranze, e tanto meno grandi entusiasmi: e non fosse stato per la concomitanza dello scritto di Sartre con Le grand tournant du socialisme e con l'allo•ntanamento del suo autore dal Comitato• Centrale, di cui faceva parte da venticinque anni, del partito comunista francese, il «caso» Garaudy forse non sarebbe nemmeno esploso,. E, aggiungiamo, se la vicenda del Congresso di Nanterre non fo1sse seguita a quella italiana del « Manifesto » - ambe 1 due indici dell'anima staliniana (o fatalm~nte staliniana) dei più forti partiti comunisti dell'Europa occidentale - qui da noi almeno se ne sarebbe quasi certamente parlato pochissi1no. Diverso invece il caso di Sartre: e non so:lo per quelle diversità di cui abbiamo detto prima, ma soprattutto per il diverso mo,do con cui quest'ultimo ha espresso il suo particolare stato d'animo. Sarà che Sartre è uno scrittore ben più grande ed efficace •di Garaudy, ma è certo che il suo discorso è scritto in maniera tale da suscitare nei lettori meno• disincantati delle forti emozioni. Ci parla egli infatti di « un'alba timida » che nei primi mesi •del 1968 « rischiarava i Carpazi slovacchi, la pianura morava, i· monti di Boemia»; ci dice però che « non venne l'aurora e non si alzò l'allodola », ma che invece subito dopo « il socialismo è ripiombato nella lun.ga notte del suo medioevo ». DegJi scrittori cecoslovaccl1i le cui testimonianze sono racco,lte nel libro da lui presentato ci dice che « non si può ascoltarle senza disagio », in · quanto « ci parlano di un passato sinistr9 e grottesco, ci dicono che non è mai stato seppellito e ·che, resuscitato, questo passato è tornato .... 59 ,., .Bib.ioteca Gino Bianco -

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