Francesco Compagna « siamo giunti ad una situazione estremamen,te critica in cui lo sviluppo del Sud può essere accelerato e diventare autòprbp11lsivo, ma può anche abor- . tire ». Ci sono alcuni « segni positivii », come il nuovo interesse che spinge gli indt1striali del Nord a p 1rendere in considerazione localizzazioni meridionali degli investin1enti una volta che si sono resi conto della « congestione territoriale che si è manifestata in numerose aree settentrionali » e che « com·porta non solo cresoenti costi sociali, ma, ormai, anche crescenti costi aziendali»; e come l'aumento del rieddito in,diviiduale nel Mezzogiorn.o con un saggio eguale e spesso, negli ultimi anni, anche superiore a quello di aumento del reddito individuale del Nord. E se a questa ultima constatazione si aggiun·ge che nel 11ezzogiomo « la quota degli investimen 1ti fissi nelle risorse si mantiene elevata, nonostante la flessione della quota rappresentata dalle impo 1 rtazioni nette », sembra lecito p·oter affermare, come Sylos Labini afferma, che « la posizione relativa del Mezzogiorno non appare più in via di peggioramento». Malgrado questi « segni positivi », c'è tuttavia una questione che si ricollega al discorso sui margjni disponibili per una vigorosa ripresa degli investimenti (in particolare, degli investimenti indu·striali direttamente produttivi); e che è naturalmente in rapporto stretto con la preoccupazione di cui nemmeno si osa parlare: .la preoccupazio,ne che a pagare le s,p·ese dell'autunno caldo sia proprio il Mezzogiorno. Nella p;rimavera scorsa erano state suscitate fiduciose attese per quanto riguardava il ritmo ed il volume degli in.vestimenti; e si poteva legittimamente ritenere che p1 ro·prio l'indu·strializzazione del Mezzogiorno si sareb·be potuta avvantaggiare notevolmente da una ben avviata ripresa degli investimenti. Fu appunto nella p,rimavera scorsa che si è cominciato a p,arl1 are dell'orientamento meri 1 dionalistico dei p1 rogrammi di investimento delle aziende a partecipazione statale e di taluni grandi gruppi privati nel Nord; e si pensava che per imitazio11e altre decisioni di investimento nel Mezzogiorno si sarebbero potute aggiungere a quelle programmate dallo Stato, dalla Pirelli, dalla Oliv·etti: in un p,rocesso moltip,licativo, agevolato ed accelerato dalla progressiva messa a punto dei metodi della cosiddetta contrattazione programmata. Ma ora che il costo ,del lavoro è aumentato, e che sono di conseguenza diminuite le capacità di ·autofinanziamento delle imprese, fino a che punto saranno ri,dimensionati nel volume e diluiti nel tempo i programmi d'investimento, ed in particolare di quella parte di essi che dovrebbe contribui1re ad intensificare le spinte all'industrializzazione del Mezzogiorno? Si tenga pure presente il discorso che si è fatto· e che si va facendo sulla neces-. sità che le imprese facciano fronte all'aumentato costo del lavoro con aumenti di produttività: anche an1-messo e non concesso che la produttività sia una specie di pozzo di San Patrizio cui si possa sempre attingere, è certo che per aumentare la produttività si p1 uò essere costretti a dare la precedenza ad investimenti tecno]ogici, di ri1 nno~o e di ammodern·amento degli impianti esistenti nel Settentrione, rispetto ad investimenti per ampliare e soprattutto per diversificare, mediante la oreazio,ne di nuovi stabilimenti -nel Mezzogiorno, 40 Biblioteca-GinoBianco
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