Dino Cofrancesco Dopo un attento e acuto esame del De sui ipsius et multorum ignorantia, del De remediis utriusque fortunae e delle Epistole, Schiavone ritiene di p·oter concludere che « il P·etrarca intese e rivisse la classicità come modello e incentivo ad una trasformazione radicale della .spiritualità contemporanea» (p. 77) non come enfatica esaI.tazio,ne del mondo antico. Da Platone egli mutuò « l'ideale di un sapere a:ntropologico nel quale la filosofia in quanto meditazione della morte appare eminentemente come cura dell'anima» (p. 83); da Cicerone, ben più decisivo come fonte, « la c011!cezione pratico-wnanistica del filosofare e un forte incentivo 1 a intendere e promuovere la stretta unità e complem·entarità di filosofia ed eloquenza ». Da Agostino, infine, fu « profondamente influenzato per la scelta della via interioristica, p1 er la polarizzazione del sapere autentico ed essenziale nell'anima uman·a e in Dio e per l'unità di filo1 sofia e religione » ( ivi). Questi rilievi, indubbiamente, pongono fine all'immagine, un po' stantia, di un Petrarca sospeso tra il fascino della mondanità e la nostalgia dell'ascesi medievale. Possiamo dire, per riassumere l'interpretazione di Schiavone, che nel pensiero petrarchesco, tra etica e religione non c'è salto, né tensione dialettica. Al di là di certi toni retorìci - specie nel Secretum - come la dim•ensione terrena non si pone in alternativa con quella oltremondana, così la religion·e non entra in conflitto con la morale, ma continua un processo di chiarimento interiore che trae origine da questa. Ne risulta una religiosità affatto moderna « sospesa nell'inquietudine e nel conflitto interiore e vissuta come concreta esperienza personale ed t1mana » (p. 87). Nel secondo capitolo del suo saggio, U1nanesimo e controrinascimento, Schiavone discute l'opera di Hiram Haydn Il Controrinascimento (ed. Il Mulino, Bologna 1967). Per lo storico americano, è noto, il periodo che va dall'incoron·azione di Petrarca (1341) alla morte di Bacone consta cli tre momenti culturali diversi: il rinascimento classico o umanistico, il controrinascimento, la riforma scientifica. Nel primo si avrebbe un « fondamentale interesse etico » m,a all'interno dell'accettazione - anche se sempre meno convinta - della filosofia tomistica tradizionale; nel secondo prevarrebbe uno scetticismo teoretico e pratico « volto a demolire in·sieme alle pretese della ragione, quelle della tra,dizione e dell'autorità»; nel terzo, infine, vi sarebb·e la restat1razione, in sen1so laico e matematizzante, della fidt1oia assoluta nella ragione. Haydn, avvalendosi di categorie mutuate dal Lovejoy, distingue ancora tra classicismo (accettazione della conciliabilità tra ideale e reale) romanticismo (frattura tra reale e razionale) e natitralismo (o rom·anticismo disilluso, che non crede più alJ>ideale e ammette solo la realtà empirica). Sulla linea del classicismo si situereb·bero sia la Scolastica che il rinascimento umanistico (Ficino, Erasmo, Lipsiio, Melantone ecc.); sulla lin,ea del romanticismo e del naturalismo si situerebbe tutta una serie di pen-satori che comprende Lutero, Calvino, Paracelso, Bruno, Machiavelli, Vasalio, Brahe, Hariot, Digges, Vives, Telesio, Bacone, Agrippa, Bodin, Le Roy, Rabelais e Guicciardin,i. Tale distinzione è importante, per Haycln, ai fini speciaimente della comprensione del mondo elisabettiano dove accanto ai classici Ben Jonson e R. 122 BibliotecaGino Bianco
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