Nord e Sud - anno XVII - n. 122 - febbraio 1970

Francesco Compagna Questo discorso non vuole essere difensivo; ma prende spunto da un accenno, di Rossetiti - che del resto suona come un gradito apprezzamento positivo della nostra funzio•ne - per arrischiare un,a precisazione sul come abbiamo cercato di as,so1 lverla, qt1esta funzione, o ritenuto di poterla assolvere, seguendo una linea di pensiero che partiva_ da una certa idea della società meridio,naJe e delle possibili trasformazioni delle sue antiquate strutture portanti, era segnata da una certa concezione liberale dell'azio:ne p,ubblicistica e politica, a,pproda per o,ra a risultati che, se sono quelli suggeriti dall'in,chiesta de « l'Astrolabio», se so1 no staiti tali da contribuire ad influenzare la formazione di « nuo1 vi grup 1 pi dirigenti », più moderni di quelli tradizionali, non sono diffon11i da quelli che ci eravamo pro1 posti di raggiungere. E tuttavia, questi risultati ci pongo 1 no davanti ad un problema che Ro•ssetti coglie con preo~sione di termini e che no,i sentiamo come il pro,blema centrale della p-olemica meridionalista nei prossimi anni: « certo - scrive Rossetti - questi nuoi\li gruppi dirigenti rischiano di fare la stessa fine dei precedenti, anche se hanno 1 una ',strategia' molto più ampia ed una visione internazionale: co1mbattuti tra forze nuove e relativamente avanzate, ma esterne al Ivieridione, e forze locali nettamente più arretrate, finiranno per ricadere n,elle braccia di queste ultime, se il processo di industrializzazio 1 ne andrà troppo a rilento ». Q·uesta co1 nsiderazione è tanto più giusta e pertinente i,n quanto, coeva alla fonnazio,ne di « nuovi gruppi dirigenti », si manifestano nel Mezzogio,mo, altri due fenomeni che potrebbero incidere negativamente sul necessario consolidamento e sull'altrettanto necessaria espansione del primo: da un lato, quelle che Rossetti ch.iama le « forze locali nettamente più arretrate » riescono a n1.utuare trasformisticamente il nuovo, linguaggio democratico e danno quindi l'im.p·resisione di avere Siposato- la « strategia pi11 am,pia » dei « nuo1 vi grutp,pi », mentre in realtà la loro è sempre la vecchia strategia delle co,nsorterie impegnate nella conservazione ad ogni costo del· potere locale, per gestirlo 1 nelle forme più disinvolte del clientelismo 1 , aggravate nei nuovi rapporti che la speculazio,ne edilizia ha consentito1 di stabilire; da un altro lato, la suggestione dei catecl1ismi della contestazio 1 ne attira nel vuoto le élites della nuo,va generazio,ne, la quale, invece di rafforzare le manifestazioni di presenza di « nuo,vi gru·p,pi dirigenti », invece di contribuire a rendere ·più continua e qualificante la formazione di questi « grup·p1 i » anco1 ra esigui, rischi,ano d_iperdersi sui sentieri di un velleitarismo, assai più eccitato e verboso e impotente di quello degli « intellettuali rurali » di una volta che sognavano la rivoluzione e credevano che fosse imminente. Rossetti ha citato il caso dell'area napoletana della ricerca scientifica, che non si è riusciti ancora a realizzare sec011do, i tempi ed i ,mo,di auspicati dai promotori di questa « idea imp1 renditori·ale » perché la cl,asse politica non ha sposato che passivamente l'« idea» e comunque non ha -dato ancora alla sua realizzaz·ione quel contributo cl1e una classe politica più lungimirante e più resipo,nsabile avrebbe potuto e dovuto dare. Ma come dimenticare e co,1ne non deplo,rare che nelle crisi del LIGB una parte .di responsabilità, non irrilevante, è stata anche di alcuni gio,vani ricercatori che hanno dato sfogo1 con 32 Bibiiotecaginobianco

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