Nord e Sud - anno XVII - n. 122 - febbraio 1970

Vittorio Olcese strutture o·rganizzative e n·ella •con,cezio,ne della gestione. Eravamo di fronte a.d un sistema di g.estione accentrato ed autoritario: una rigida piramide gerarchica al sommo della quale un personaggio onnisciente ed onnipotente riassumeva in sé ogni potere e presiedeva ad ogni decisione. Per di più, le nostre antiquate leggi fiscali e sulle società per azioni ass11me\'ano le funzioni di quella che è l'iconostasi in 11na chiesa bizantina, uno schermo - tempestato d'oro - dietro il quale si celebra - nel mistero - la n1essa, senza la più modesta partecipazione de.i fedeli: in questo caso i dirigenti, i collaboratori, gli azionisti, gli operatori di borsa, i banchieri. La sottostante parte della piramide era istintivamente educata a trasferire al livello più elevato anche quelle decisioni che con un minimo di autonomia psicologica potevano pur fare rientrare nel1' ambito delle loro marginali responsabilità. Va anche detto, per dovere di obiettività, che ai vertici esistevano uomini dotati di non comuni qualità per energia e vitalità; non si spiegherebbe altrimenti la miracolosa crescita industriale italiana degli anni '50, che fu pure 11n risultato da attribuirsi in modo positivo a questa struttura oligarcl1ica e fortemente personalizzata. Se vogliamo riferirci ad una forn1ula assai di moda oggi, possiamo dire che quella struttura era esattamente l'opposto di quella che Galbraith chiama « la tecnostruttura », cioè la forma di organizzazione prevalente nei paesi altamente industrializzati. Ma con la crisi del '63-'64 iniziò una tendenza al mutamento interno, destinata ad alterare progressivamente il volto e la natura autocratica e verticistica dell'impresa italiana. A ciò l1anno contribuito diversi fattori, che cercheremo di enumerare e .di circoscrivere. La· ragione prima del m11tamento è p11ramente interna e legata all'efficienza della gestione. Il peggioramento, talvolta drammatico, dei conti ecor1omici, le diininuite possibilità di autofinanziamento, la necessità di combattere sui mercati internazionali in condizioni difficili, ma dal cui superamento dipende,,ano spesso le possibilità di sopravvivenza, tutto questo ha messo a nudo le gravissime deficienze delle strutture a11toritarie e proprio sul piano dell'efficienza della gestione. Nella crisi sono balzati in evidenza i limiti stessi della conduzione dei capi, gli errori da loro commessi, talvolta assai gravi, che ri1nanevano celati o sf11mati dietro gli indici, costantemente al rialzo, del fatturato e degli utili . .La crisi ha costretto a rivedere le strutture, a tentare redistribuzioni delle responsabilità, a rid11rre i limiti dell'accentramento; ha, bene o male, messo in moto un processo di partecipazione che 24 Bibiiotecaginobianco

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