Nord e Sud - anno XVII - n. 121 - gennaio 1970

.. I ~ Giornale a z1iù voci la sperimentata incapacità di reagire con una scelta politica a certi fatti ed a certe sollecitazioni continua ad essere la causa p1 ri11cipale della « compattezza » n1onolitica del PCI e dei suoi successi elettorali. Questa incapacità di reazione Caprara l'ha sperimentata, ,dopo la sua radiazione, no1n solo presso i giojvani contestatori e gli operai, ma anche presso gli intellettuali che gravitano into 1 mo al PCI e che egli co1 nsiderava - insieme ai giovani ed agli operai - i naturali destinatari del suo messaggio rivoluzionario. Ebbene, di tutti gli intellettuali che avevano diviso con lui le prime battaglie (letterarie) antifasciste, ai tempi della fronda universitaria, il solo Luigi Compagnone è uscito allo scoperto con una dichiarazione più sentimentale che politica, nella quale i,l turbamento per la radiazione di Caprara non è certo maggiore della preoccupaz.ione di non fare professione di anticomuni:smo. Del resto lo stesso Caprara, che ha voluto spingere il piede sull'acceleratore della dissidenza fino alle estrem·e conseguenze, si guarda bene dall'acutizzare la polemica col PCI, no1 n vuole affatto provocare uno « scisma» nel comunismo napoletano (cfr. l'intervista ad Egidio Sterpa sul « Co1rriere della Sera» del 7 dicembre 1969) né ricevere, dopo la radiazione, anche la sco1 munica. Il suo naturale interlocutore resta la base comunista, il PCI resta una forza irrinunciabile. « Rùnarremo ad essa legati (ha detto, a Napoli presentando insieme a Scotti, Colella e Libertini il libro In ca1npo aperto di Livio Labor) per contribuire a bloccare la scissione silenziosa degli studenti e degli operai giovani ». Dal canto loro, i dirigenti che hanno adottato il pro 1 vvedimento repressivo ancora non si spiegano come Caprara abbia potuto fare una scelta rivo .. luzionaria, lui che - come ha detto Maurizio Valenzi - è nato addirittura nel partito governativo quando Togliatti era ministro della Giustizia, e che ha fatto una rapida carriera parlamentare « prima all'ombra di Togliatti, poi camminando solo nonostante l'ostilità di Amendola » (ha scritto Franco Roccell·a sul « Giorno» del 5 dicembre 1969). Una prima conclusione incontestabile si può trarre dalla vicenda Caprara: così come stil piano nazionale, anche a Napoli i problemi del PCI restano aperti, le sue contraddizioni insanate, l'unità interna un o.biettivo lo,ntano. La « normalizzazione» non si può ottenere con giri di vite burocratici, con misure repressive, ma solo sollecitando la dialettica interna e la riconsiderazione critica dei temi di fondo e delle strategie. Allo stesso modo, non bastano i furiosi attacchi della « Prav-da » a neutralizzare le dissidenze frru.1cesi e jugoslave. Non è possibile considerare chiuso il caso Caprara solo perché, come dicono i dirigenti comunisti napoletani, « altro è un uomo nel PCI, altro è un uomo fuori del PCI», dando a intendere di averne già potuto accertare la limitata pericolòsità sul piano elettorale. Massimo Caprara - che al congresso di Bologna si è trovato inserito, come ha rilevato l'on. Compagna, nella corrente di sinistra, anche se le sue. posizioni, o quanto meno la matrice culturale delle sue posizioni politiche (De Sanctis, Labriola, Croce, Gramsci), le sue stesse esperienze politiche, non avevano niente in comune con quelle di una Rossanda (cultura milanese da circoli e salotti feltrinelliani) o di un Magri (dissidenza cattolico-popu63 ·~Bi iotecaGino Bianco

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