Antonio Ghirelli quanto soffrissi come un cane per la lontananza di mia madre e della ragazza, con cui mi tenevo abusivamente in contatto attraverso la trasmittente, trascorsi settimane favolose a scrivere e trasmettere i commenti, i messaggi speciali e i nomi delle luride spie fasciste da mettere al muro. Ci ascoltavano i partigiani della Ga:rfagnana e del Carrarese, i briganti della Mo·nterosa, la gente della To1scana e della Liguria, mentre i due disertori tedeschi esortavano i loro co.mpatrioti a mollare l'esercito delle belve con la sentinella america11a alle spalle, mitra a tracolla, chewing-gum in bocca, l'orecchio austriaco teso a controllare se i « crucchi » sgarravano. Andavamo raramente, Giglio, ed io, in paese a vedere qualche faccia di cristiano; una o, due volte ci portarono a Firenze, dove conoscemmo Gianfranco Corsini e un altro paio di sofisticati cultori di « Duke » E,llington e di Marx. Ma le ore migliori l,e passavo dinanzi alla enorme mappa che gli american\ avevano piantato nell'atrio della casa dove dormivamo. Prima di leggere il giornale radio al microfono, correvo a spostare le bandierine sulla carta della Russia, della Polonia e della Ro,mania, do,ve stavano dilagando gli eserciti di Tolbul(in e di Rokossowski. Il tracollo dei nazi mi gonfiava il cuore, riempiendomi di gratitudine per l'Armata Rossa: sembrava un sogno che i vincitori superbi di Varsavia, di Narvik, di Rotterdam, di Parigi, fossero spazzati via dall'Europa orientale alla media di 500 km al giorno. Sul fro,nte occidentale, soltanto Patton volava alla stessa velocità ed io adoravo Patton, benché sapessi che aveva preso a schiaffi un soldato ed imposto alla Settima Armata una disciplina di aguzzino. Vivevo dunque ad Altopascio• nello stesso clima allucinante di Napoli, isolato co,m'ero dal mondo, sprofondato nella mia passione politica, bo-mbardato ora per ora da una valanga di notizie infuocate, tutte importanti, tutte decisive, tutte positive. La voce femminile che mi arrivava indistinta da Napoli attraverso il contatto clandestino, bastava a rasserenarmi: forse, quello, è stato l'unico periodo della vita in cui non ho avuto pro,blemi di co,mmercio sessuale, niente altro che un pensiero lontano e una passione quotidiana. Era anche la prima volta che vivevo in campagna, in w1 ambiente tranquillo che contrastava singolarmente con la concitazione del nostro lavoro e del suo oggetto: i prati verdi, i viali bagnati dalla luna, le se_re silenziose ed irreali scandivano i tempi di attesa tra una notizia e una trasmissione. Anche uno spirito poco co,ntemplativo come il mio finiva per essere compenetrato dalla struggente limpidezza ·della terra toscana, per quanto preferissi più spesso intavolare ac~anite discussioni con i soldati e con Giglio o ascoltare le forbite sentenze dei contadini che parevano usciti dalle pagine di Giusti o di Fucini, tanto erano fermi al tempo del Granduca. Qu~lche volta si gio110 Biblioteca Gino Bianco
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