Nord e Sud - anno XVII - n. 121 - gennaio 1970

Antonio Ghirelli di battaglia; e così chiesi ai superiori del P.W.B. di tr.asferirmi in una stazione mobile, in zo,na d'operazioni. La Napoli del GUF, di «Latitudine», dei negri, del palazzo Singer, della mia do·nna, la portavo dietro con me, sotto la giacca verde •dell'uniforme che gli arnerica~i toglievano ai morti e tingevano per noi italiani. · Accettò di partire anche Tommaso Giglio, uno strano tipo di poeta e di prestigiato,re, ferito da un amore sbagliato, divorato, dalla silenziosa ambizio 1 n1e dei co,ntadini, acceso da infinite curiosità co-me un alchimista del futuro. Gli amici migliori, invece, rimasero a Napoli o. passarono a Ro,ma, rifiutando per pigrizia e per saggezza la nostra avventura. Salvo ·Compagnone, ·che sarebbe tornato di corsa a casa, gli altri ragazzi era110, entrati nella rivoluzione per sbaglio e ne uscivano, in punta di piedi, co,n disinvoltura, attirati dalla possibilità di spiegare in una grande città tutto il talento di cui disponevano. Ma nel mio caso si trattava di una vera rivoluzio 1 ne, di un'avventura importante, o semplicemente di un hasard esistenziale co1 me quelli che Valéry ci aveva insegnato ad inseguire? o, ancor più semplicemente, al fondo· del viaggio c'era so,lo il gusto zingaresco di cambiar cielo? Probabilmente, volevo soprattutto pro 1lungare quanto più a lungo· possibile il senso irreale degli ultimi anni, la loro 1 atmosfera di anarchica eccezio.nalità, il margine di libertà che d'improvviso. s'era aperto nella nostra giornata. Lavorando a Radio Napo1i mi era accaduto, come già al GUF, di capire via via sempre più p·rofondamente le ragioni per cui c'ero 1 entrato: tornare indietro, mi sarebbe stato impossibile. Non andavo neppure d'accordo con i compagni coimunisti che, a quell'epoca, facevano la « Voce »: la faziosità di Alicata, la sua feroce e quasi patolo 1 gica intransigenza contrastavano· ·con la mentalità dei lettori a cui pure il gio·rnale avrebbe dovuto· rivo,lgersi, negava violentemente la realtà psicologica e storica della città, ne alterava tutte le prospettive. Già in quei mesi, dall'autunno •del '43 in poi, eravamo 1 stati straziati dalla contraddizione tra la prassi opportunistica della direzione del Partito e il fo11do aspro di settarismo, a cui in fo.ndo la st1a vita interna, in pieno, « centralismo democratico », continuava ad ispirarsi. Naturalmente, no·n p•otevamo rifiutare il rico-noscimento·, anzi l'ammirazione per l'incontaminata purezza •dei dirigenti, a tutti i livelli, e questa era una terza componente della nostra indecisione, o almeno di quella mia perso,nale. In pochi mesi entrai ed uscii due volte prima dal Partito socialista, poi dal comunista, avvertendo distintamente il limite delJa mia co,ndizione piccolo~borghese ma cre·dendo pure, 01stinatamente, nella sostanziale legittimità delle mie riserve. Da un lato, c'era un pugno di fa11atici; dall'altro, c'era un pop,olo miserabile, •sbattuto, espropriato 108 Biblioteca Gino Bianco.

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