Antonino Di Giorgio periori e all'ISTAT e che spesso conteng'?no cifre sbalorditive sùll'entità dell'arretrato (in una pretura con un carico ·di 384 procedimenti civili, · 101 pendono da più di cinque anni; e di questi 101 procedimenti, 33 pendono da più di dieci anni) potrebbero ess~re rim·essi anche ai Consigli forensi, i quali, nei casi di più rilevante ritardo, potrebbero invitare i procuratori delle parti a ·dare chiarimenti, e magari sentire le parti stesse. Per fare un altro esempio, tutte quelle n·umerose cause che non giungono a sentenza (abbiamo visto che sono i due terzi delle cause iniziate) e delle quali perciò non si sa che specie di conclusione abbiano avuto, potrebbero, non tutte ma qualcuna, attirare l'attenzio 1 ne dei Consigli per vedere se, caso mai, non siano finite in maniera troppo ingiusta per la parte più debole e magari, ma sono casi rarissimi, troppo conveniente per il suo procuratore. Dunque la crisi della giustizia è bensì crisi di legislazio11e e di strumentazione, ma anche, e in misura non piccola, crisi di uo,mini, e cioè inadeguatezza degli operatori -del diritto a fare del processo uno strumento vivo, agile, efficiente di giustizia democr~tica. Già non sembra serio, come abbiamo. detto so,pra, che i trentamila avvocati esercenti e i quasi settemila magistrati, un imponente corpo· sociale, capillarmente diffuso nel paese, largamente rap-presentato nel Parlamento, abbastanza inserito nelle dirigenze politiche e cultµrali, stia ad aspettare la risoluzio,ne della crisi come una manna che deve cadere dal cielo; ma anche le indicazioni che si fanno su questa ventura manna risanatrice non appaiono convincenti. Nessuno, p-ensiamo, dovrebbe illudersi che la costruzione di nuovi edifici giudiziari e la meccanizzazione dei servizi di cancelleria po-ssano anche solo attenuare la crisi, se non nei suoi aspetti marginali ed esteriori. Q-uesti ammodernamenti, pur necessari ed urgenti, attengono al decoro· della giustizia e alla efficienza dei suoi apparati .di documentazione, ·ma non incidono sulla sostanza della crisi, che è crisi di sentenze e cioè scarsità, ritardo, costosità, imprevedibilità, inesattezza, iniquità, ineseguibilità delle sentenze. La speranza, o,gni tanto confusamente affiorante, che la giustizia possa trarre vantaggio dal « progresso», e cioè dalla progredita tecnologia del nostto tempo, la speranza, in definitiva, che le macchine possono aiutare a fare una giustizia migliore, è certamente fallace. Mentre· è pensabile che le moderne tecniche dell'organizzazione aziendale, mediante la specializzazione e la migliore distribuzione dei giudici e soprattutto mediante la ricostruzione ab imo dell'ordinamento giudiziario (da farsi in funzione del processo e non, come è fatto ora, in fun .. zione della carriera e della gerarchia), possono no·tevolmente giovare al funzionamento della nostra giustizia, nessuna fiducia si può nutrire, in 78 , Biblioteca Gino Bianco
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