Nord e Sud - anno XVI - n. 120 - dicembre 1969

/ Argomenti I Ma anche nel campo civile il rinvio e l'impugnazione infondata sono strumenti efficacissimi di difesa e, alla lunga, di vittoria, e si fondano anche qui su un semplice calcolo, che cioè il creditore della prestazione, l'attore, è soggetto a dimenticare, a trasferirsi, a morire; in ogni caso è soggetto a stancarsi; se pertanto il conseguimento del suo diritto è lungamente ilifferito·, finirà col rinunciarvi o con l'accontentarsi di una riparazione parziale. Tutto sta dunque nel tirare in lungo la causa e a questo fine cospirano non soltanto le malizie dell'avvocato co,nvenuto ma anche il codice, con le sue competenze mai ben definite, con le sue improcedibilità fiscali, con le sue se11tenze interlocutorie, e il sistema giudiziario con i suoi ingorghi, le sue lunghe pause, i suoi vuoti. Si dice che gli avvocati sono una categoria loquace, ma è invece ammirevole la laconicità degli avvocati convenuti che vogliono farla lunga. Se l'attore inizia il processo, dicendo, poniamo, « Buongiorno », il convenuto si guarderà bene dal rispondere subito, chiederà invece il primo rinvio e solo all'udienza successiva restituirà il buongior110. Quando poi l'attore, tornata a lui la parola, domanderà « Come stai? », il convenuto non risponderà tutto d'un fiato « Bene. Grazie. E tu?», ma scaglionerà la risposta in tre udienze. Così passa il primo anno, anche perché, come s'è visto, le occasioni per scambiarsi questi frammenti di discorsi, e cioè le udienze, sono molto rare. Qualcuno, ignaro, dirà che se l'interesse dell'avvocato convenuto è di prolu11gare la trattazione della causa, quello dell'avvocato attore è invece di abbreviarla, e che quindi, almeno a volte alterne, dovrebbe spuntarla quest'ultimo; ma egli non sa che è fermo costume tra gli avvocati non negare mai il rinvio al collega, fosse pure l'ennesimo, e ciò non solo per ovvie ragioni di reciprocità, ma perché il costume ha ormai attinto la forza della norma morale. Qualcun altro dirà allora che dovrebbe intervenire il giudice; ma egli non sa che la lotta contro il rinvio inutile è molto difficile anche perché il giudice non ha poteri sufficienti e quei pochi giudici cl1e vi si sono misurati, ne sono usciti sconfitti; pochi perché tutti gli altri, in fondo, non disdeg11ano questo sistema che consente, quando alla fine il creditore (o colui che presume di essere tale) si arrenderà, di liberarsi della causa senza la fatica di fare la sentenza (l'entità del fenon1eno dell'abba11dono della causa risulta da queste cifre: su 100 cause che si esauriscono, 60 si esauriscono senza sentenza). Se dunque è impossibile battersi contro la dilazione, finché il siste1na continuerà a premiare chi non si fa scrupoli e a punire chi se li fa, e cioè finché, in penale, durerà la prassi dell'amnistia periodica (con la quale, sia chiaro, la « clemenza » non ha assolutamente nulla a che vedere: trattasi di una dichiarazione ufficiale con la quale lo Stato 75 ~ Bfblioteca Gino Bianco

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