Nord e Sud - anno XVI - n. 120 - dicembre 1969

/ Giornale a più voci , mente immobil:ista e profondamente conservatrice della società italiana. Il PCI vuole infatti limitarsi ad amministrare ecclesiasticamente un antico e nobile patrimonio di tradizioni rivoluzionarie e sooialiste, continuando però nella selezione tecnica e a un tempo privilegiata dei propri dirigenti attraverso l'apparato; e tutto ciò per mantenere intatta e compatta la fede, per far apparire come una cosa sola i fenomeni di rivolta libertaria delle masse e il regno chiuso dei gerarchi, talmente sospettoso e preoccupato dell'unità dogmatica da non rivelare mai le ragioni dei contrasti po,litici e di sop·primere sempre le cosiddett,e « frazioni » nel timo·re che vengano meno la forza riverenziale delle masse e il rigore autoritario dll'apparato. L'accusa di attività anti1)artito, con cui il PCI ha estromesso i propri dissidenti, ci riporta dunque inequivocabilmente i fantasmi di quella stessa logica del .Partito unico, del partito senza frazioni che aveva determinato la repressione in Ungheria nel '56 e la « normalizzazione » in Cecoslovacchia nel '68. In questo, senso la radiazione dei redattori del « Manifesto » non aggiunge nulla a quello che era già noto alla sinistra democratica italiana e che era esploso nei tragici eventi dell'ottobre '56 a Budapest e dell'agosto '68 a Praga. Questi eventi, se hanno stimolato la revisione del comunismo negli spiriti più inquieti, in cui più forte era il romantico desiderio di libertà e la nostalgia dell'aZJione, l'han 1 no al contrario addormentata, dopo brevi soprassalti d'indignazione, in tutti coloro ch,e, come gli attuali dirigenti del PCI, aderisco 1 no al comunismo nella sua realtà di poteTe, nella sua realtà gerarchica, nella sua realtà di partito. D'altra parte quegli stessi eventi, vale a dire la rivolta ungherese ed il nuovo corso cecoslovacco, hanno ,anche dimostrato quali siano le tendenze del partito leninista e dello Stato totalitario ogni volta cl1e si cerchi di rifiutarne o qu·anto meno di sfumarne la tirannia: l'effetto è quello di veder aumentati i moti centrifughi alla propri·a base, svelando anche agli ignari o ai muti per costrizione la propria realtà dispotica e la propria logica repressiva. La critica e la condanna della concezione lenini 1sta del partito, cioè della concezione per cui i soli dirigenti comunisti ortodossi sarebbero in grado di guidare la classe operaia nell'edificazione del socialismo, non è più dunque riferibile a poche cassandre inascoltate, ma porta il nome di interi popoli di lavoratori •ed il segno incancellabile dell'esperienza storica vissuta. Ed è pro, prio riflettendo su queste realtà che si può legittimamente ritenere che il revtisionisn10, tanto ad Oriente qua,n1to ad Occidente (e quindi anche in Italia), possa davvero d1 i•venire la grande realtà popolare del futuro e possa portare l'intero movimento operaio a n1editare, e magari a riconoscersi in queste stupende parole di François Fejto: « Sqcialista dell'età della ragione, cioè desideroso di un ordine più giusto, mi riconosco liberale; e scrivo a nome di coloro, e per coloro, che resistono allo stordimento del fanatismo e vogliono conservare, in mezzo al tumulto, la lucidità, il senso delle proporzioni e la· fede nell'uomo e nel suo avvenire ». LUIGI COMPAGNA 47 ~ Bi.bliotecaGino Bjanco •

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