• Note della Redazione Nino Novacco a « Il Sole - 24 ore» (il 24 ottobre) ed una risposta, sul_lostesso giornale, di Piero Ugolini (il 18 novembre). Noi condividiamo le argomentazioni del presidente dello IASM, le sue preoccupazioni, e, naturalmente, anche la sua affermazione secondo la quale non si può dimenticare che « esiste a livello nazionale un impegno e una responsabilità che è comune all'intera classe dirigen'te del paese e che riguarda lo sviluppo industriale delle regioni meridionali d'Italia ». Fino a che punto il canale Milano-Cremona-Po è, oggi, compatibile con questo impegno e con questa responsabilità? La risposta fornita da Piero Ugolini a Nino Novacco è solo apparentemente una risposta rassicurante e, co•munque, 110n ci sembra che lo su-J;sufficientemente, specialmente nel passo in cui Ugolini afferma che « prospettare il canale come fattore di crescita di Cremo~a industriale rischia di essere una scelta velleitaria ». È vero che Ugolini dice, anche, che « si devono escludere le localizzazioni lungo il canale di iniziative industriali nuove rispettando in tal senso le scelte generali della nostra politica economica che si basano sullo sviluppo della industrializzazione del Mezzogiorno ». Ma, pur non mettendo in dubbio la buona fede del dottor Ugolini, ci sono precise garanzie in tal senso? L'unica garanzia seria (ha ragione No~acco) può essere fornita dall'inserimento del canale nèlla programmazione nazionale e regionale secondo criteri che tengano conto dei problenii settoriali e territoriali globali del p1 aese. Lo scempio di Potenza « Le vicende di una città sono giustamente riassunte dal suo sviluppo urbanistico. Quello che è avvenuto a Potenza in que,sto dopoguerra documenta in effetti la capacità delle forze che l'hanno governata. Più di tanti discorsi e polemiche, per giudicare di certe cose, bisognerebbe istituire un viaggio di studio a Potenza ». È la conclusio·ne di un articolo comparso in un vecchio numero di «Basilicata» nell'ottobre del 1959. Dopo dieci anni, le cose sono naturalmente peggiorate. E ciò anche per la mancanza di un piano regolatore, per cui i privati, « liberi » da ogni vincolo di piano e, per natura, insensibili ad ogni vincolo posto dal buon senso, i privati, dicevamo, spesso anche con finanziamenti statali, hanno ingabbiato il centro storico in una serie di più o meno orrende costruzioni sorte al posto di orti e giardini, che davano alla città un, caratteristico aspetto «agreste»~ Oggi la città è più inabitabile che mai e le strade, ricavate come per caso tra i palazzi, assumono l'ormai caratteristico aspetto di trincee, dove le automobili fanno fa tica a muoversi. ·Non è itn caso nuovo, ma è un caso limite. La situazione di Napoli è il paragone che viene più immediato e spontaneo. Per Napoli, in seguito a pressanti sollecitazioni, il Ministero dei ·Lavori Pubblici ha disposto un'inchiesta 42 ,.
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