Nord e Sud - anno XVI - n. 120 - dicembre 1969

' Rileggendo « La Deniocrazia in An1erica » dello storicismo ottimistico dell'Ottocentow Nessuno, forse, riuscirà ad essere interamente « buono » e nessun partito, probabilmente, potrà rivendicare l'intera parte di ragione per le sue istanze politiche, ma ogni uomo può, volendo, essere libero ed otteneTe una vision•e limpida e disincantata delle cose. Questo della libertà, anzi, nel naufragio delle antiche aristocrazie e nel rinnovarsi incessante delle fedi, è l'unico valore per il quale valga ancora la pena di combattere e di morire, in un mondo reso sem·pre meno eroico dal conformismo della democrazia. Ma ne1nmeno questo ideale tanto a lungo amato e sofferto 1 è vissuto ed espresso con cuore ro,mantico. Lungi dal turbare l'equilibrio ,dello scienziato sociale, lo rafforza, lungi dall' accend1ere le passioni, le purifica e le decanta. Tocqueville, infatti, non è Constant. Indulgere alla retorica è proprio dell'animo borghese e ottocentesco di quest'ultimo, che vive la p~ssione co1 ntro la tirannide con lo stesso, entusiasmo che lo accende nelle passio11i d'amore. La prosa di Constant è sempre veemente e appassio1nata: alla fine di ogni cap•itolo dei suoi seri tti politici par di sentire lo scroscio degli ap·plausi, le congratulazioni ·provenienti dai banchi della fronda, i sussulti che turbano per un attimo la malinco,nica Chambre di Luigi XVIII. Da ,posizioni di liberalismo moderato, Constant p·reannuncia llugo e Lamartine, i moti del '21 e del '30, i risorgimenti nazio 1 nali e A. Petofi, poeta e soldato. La sua stessa fantasia sembra ispirarsi ai melodra1nmi del1'800: di qua il potere tirannico, le sue fosche macchinazioni, la corruzione e la frode, di là vi te pacifiche e inermi, sottratte al tepore dei domestici affetti e agli on·esti e deco-- rosi com1nerci; di qua il Leviatano che ingigantisce nell'universale diffidenza e nell'intrigo delittuoso, di là verginità indifese, talami violati, onori calpestati. Certo Constant non è solo in queste i1nmagini 01 leografiche. La diffidenza, tutta liberale, nei riguardi del potere è spesso venata di sentimenti a11tistatalisti e quasi anarcheggianti che trovano ali,mento nella libertà di uno spirito indipendente che ancora oggi l1a 1nolte verità da insegnare. Lo stesso Tocqueville gli va debitore di non pochi ammaestramenti relativi al garantismo e alle libertà locali. E tuttavia, quale differenza tra i due pensa to,ri ! Constant è compromesso. irrimediabi,lmen te, nella barricata: egli è un liberale moderato, e costituzionalista, con tutti i pregi e i difetti che questa •posizio,ne compo,rta. Tocqueville è anch'egli un liberale moderato1, p-ieno di pregiudizi e spesso affatto ingiusto con gli avversari, e nondimeno l'incasellamento ideologico è ben lungi dal chiarirne la complessa perso 1 nalità di pensatore. Tocqueville, infatti, prima di essere un uo1 mo di parte liberale, è uno scienziato della società, che, senza pertanto, rinu11ciare ai giudizi di valore, riesce a trattare l'oggetto delle sue indagini con tale spregiudica1 V. quando scriveva in proposito uno spirito tanto affine a Tocqueville, Mario Pannunzio, nello scritto Le passioni di Tocqueville, riapparso l'anno scorso su « 11 Mulino» (anno XVII, n. 188). · 121 ·_ .Bibltotca Gino Bianco

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