Nord e Sud - anno XVI - n. 119 - novembre 1969

La « vittoria mutilata » torio e di corte vedute. Gli è che il Governo italiano si comportò come il mercenario che si vende al miglior offerente: si duole con gli Imperi Centrali - e giustamente - che essi hanno violato il trattato della Triplice Alleanza, ma si guarda bene dal denunziare il trattato stesso fino a quando - due maggio 1915, cioè dieci mesi do,po - non sarà stato sicuro del fallimento definitivo delle trattative con l'Austria-Ungl1eria. Avanza dapprima cauti ap·procci con le Po,te112e dell'Intesa, ma poco appresso avvia trattative con l'Austria-Ungheria per negoziare i co-mpensi territoriali. In queste trattative, condotte con perfetta malafede da entrambe le parti, l'Italia avanza pretese di una esosità incredibile, che l'Austria respinge sdegnosamente dap·prima, per accettare poi, su consigli e pressioni dell'alleata germanica, a pezzi e bocconi. Le trattative proseguo·no fino, a tutto l'aprile 1915, fino a quando, ~o,me s'è detto, ai primi del maggio, l'Italia si decide a denunziare il trattato• della Triplice. Senonché, dal marzo l'Italia aveva ripreso le trattative con le Potenze dell'Intesa che, pur non nascondendo la sorpresa per l'appetito del Governo italiano, si dimostrarono più condiscendenti, anche perché non do·vevano cedere territori propri, ma territori altrui, e ricevevano in contropartita, non la neutralità ma l'alleanza belligerante. Si è accen·nato all'inizio di queste note al co·ntenuto, del patto di Londra. Con la stipulazione di q11esto patto, Sala11dra e Sonnino - giova ripetere - tradiro,110 tutti: tradirono gli interventisti democratici, facendo credere che l'Italia entrasse in guerra per raggiu11gere i confini nazionali, « per fare la guerra alla guerra » e ·per abbattere i militarismi imperialistici; tradirono gli interventisti nazio·nalisti, tacendo loro di essersi impegnati per un corrispettivo che ai robusti appetiti nazionalisti sarebbe indubbiamente apparso inadeguato e meschino. In tal modo l'intervento· dell'Italia si ridusse a una mera aggressione non provocata, completamente priva di ogni significato ideale. Peraltro, nella sua ultima reincarnazione, il Governo italiano, presieduto da Vittorio Emanuele Orlando, vo.Jle presentarsi quale go,vemo di unio,ne nazion,ale: di esso furono chiamati a far parte, insieme ai consueti liberali, uomi,ni di sicura fede democratica, come Bissolati , Nitti, Chiesa, Comandini e Berenini. Senonché il 28 dicembre 1918 esplose inevitabile il contrasto fra Bissolati e Sonnino, e Bisso1ati lasciò il Governo. Bissolati insisteva per Fiume e per il Trentino senza l'Alto Adige; Sonnino insisteva per la intangibilità del p1 atto di Londra. Bissolati - fece bene? fece male? - ritenne suo dovere « portare la questione · fuori, nella coscienza del Paese» (sono sue parole testuali), e iniziò - terminandola nello stesso tempo - la sua campagna con un grande discorso al Teatro della Scala .di Mila110 1'11 gen•naio 1919. Poche fu97 ibti·otec·aGino Bianco

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