Rosellina Balbi dimeniticano finanche quel gallismo ohe ta~to Li inorgoglisce; infastidire una donna :avrebbe qt1a:si il sapore di un tentato incesto, i tifosi sono una sola - famiglia, un'anima sola. Tutti sanno che, a giu·dizio degli p·sico]ogi, il livello intellettuale della folla è estremamente basso, quale che sia il grado di intelligenza degli individui che la co1 mpongono. E il suo compo,rtamento è caratterizzato dalla scomparsa del senso critico, dalla grande influenzabilità e dall'imitazione (che fa agi1 re allo stesso modo tutti i componenti della folla stessa), nonché dalla mancata percezione delle ,conseguenze degli atti compiuti. È così che si spiegano i linciaggi. Ed è in qu-esta chiave che si debbono intendere anche le intemperanze dei tifosi del calcio._ Ciò non significa, naturalmente, che tutti quelli che vanno a vedere una partita ·di football corrono il rrischio di trasformarsi in teppisti; ma è chiaro che l,a maggiore o minore resistenza alla eventuale « regressione» dipen,de soltanto dal grado di maturità intellettuale e morale dei singoli spettatori. · E a questo p11nto p·uò essere interessante ricordare la frase detta ai giornalisti da un vecchio fascista casertano, durante i tumulti: « quando alla gente togliete 11na bandiera, la gente se ne fabb,richerà un'altra». Se il nostalgico voleva intendere con ciò che la responsabilità dei disordini va attribuita alla messa al bando della retorica nazionalista, aveva evi,dentemente torto (le vioJeMe del cailcio non rispiarmiiano - al contrario - i p·aesi retti da governi nazionalistici, quale, ad esempio, la Grecia). Ma il fascista era nel giusto se individuava nella violenza del football una componente ideologica di tipo nazionalistico. Non rammento chi sia stato a defi·nire la nazione come « una società unita da un comune errore circa le prop,rie origini e •da una comune avversione verso i propri vicini»: certo è che la definizione si applica magnificamente alla « tifoseria » di una squadra di calcio. Come è noto, il nazionalismo attecchisce soprattutto fra i ceti piccoloborghesi che, privi di una autonoma funzione produttiva, ostili al capitalismo così come alla classe operaia, si rift1giano nel mito della nazione credendo di affermare in tal modo, ha scritto Salvatorelli, una loro presunta superiorità morale; e magari anche materiale, nella misura in cui la nazion 1 e con la qt1a.Ie essi si identificano svolge una politica di potenza, e di prepotenza, ai danni di altri paesi. Che Mussolini reclutasse buona parte dei suoii seguaci tra la piccola borghesia, è risaputo; e lo stesso può dirsi ,del nazismo, la cui componente razzistica -- col mito del superiore sangue tedesco - trovava un fertile terreno nello stato d'animo, frustrato ed aggressivo di quei ceti medi che pil1 avevano risentito e p,atito della sconfitta del 1918. Ora, non risulta che sia mai stata effettuata una ricerca sull'estrazione sociale dei « violenti del calcio». Se la si facesse, si registrerebbe probabilmente la preponderanza numerica degli elementi piccolo-borghesi e sottoproletari; l'eventuale pa-rtecipazione ai tumulti di elementi operai potrebbe spiegarsi soltanto con una promozione sociale relativamente recente e la conseguente fedeltà a valori e a modelli di comportamento caratteristici di una 56 BibliotecaGino·Bianco .,
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