Nord e Sud - anno XVI - n. 119 - novembre 1969

Giornale a più voci occhi i dimostranti rifornirsi di armi presso le sede di un p·artito di estre ma destra. E a chi ha deplorato che si scen,da in piazza perché la squadra cittadina resta in « serie C », mentre non si scende in piazza per !',invasione della Cecoslovacchia, è stato obiettato che nel pri1110 caso il meccanismo della violenza è di natura ohiara1nente irrazionale, mentre il secondo c aso presupporrebbe una scelta precisa a livello della coscienza: il che rende improponibile l'accostamento. Su quest'ultimo punto, mette conto rico:rdare il punto di vista es.presso dal professor Servadio nel corso di 11n recente dibattito televisivo. L'auto revole p,sicanalista si è chiesto: è lecito stabilire tra i vari tipi di sommossa una gerarchia di valore? perché una sommossa sportiva dovrebbe ess e:re più condannabile di una sommossa politica o razziale o religiosa? E ha lasciato l'interro·gativo senza risposta; anzi, l1a lasciato inten·dere che, a suo avviso, le violenze sportive non sono ,da deplorare più delle altre. Ora, che il ricorso alla violenza sia di per sé deplorevole, è indiscutibile. Ma a me sembra che il confronto sia lecito unicamente tra le sommosse generate dal fanatismo e dall'intolleranza, quale che ne sia la motivazione; non già tra i vari tipi di sommossa. Ad esempio, mi sembra che 01 ggettivamente vi sia una sostanziale differenza qualitativa tra una insurrezio,ne po,polare c ontro la dittatu,ra e un pogro1n: nel primo caso la violenza è un ,mezzo, nel secondo è un fine. Comunque, per tornare alle discussioni seguite ai fatti di Caserta, c'è da osservare che perfino l'inverosimile comportamento del sindaco e della Giunta ha dato luogo a polemiche: non già perché vi fosse qualcuno disposto ad avallarlo, ma perché si è insinuato che, sottolineanido l'irresponsab,ilità di un'amministrazione meridionale, si mirasse a gettare il discredito su tutta la classe politica del Sud, alimentan·do così certe ter1denze alla discrimin azione « razziale» nei confronti dei lavoratori del Mezzogio·mo costretti ad emigrare al Nord. E potrei continuare. Ma, fra le tante cose scritte e dette, ve ne sono alcune sulle quali vorrei s01 ffermarmi particolarmente. La prima è di Giovanni Arpino: « accettiamolo [il calcio] se ci piace, ci diverte, ci stimola, rifuggiamolo se non sa più venire incontro ai nostri desideri domenicali. Ma perché caricare questo povero e ancora onesto football di pesi e contradd izioni che non gli appartengono? Scardineremmo forse le poltrone di un cinema, solo perché lo spettacolo non è gradito?». Qui, mi permetto di d issentire da Arpino. Non si possono mettere sullo stesso pia110 lo spettacolo cinematografico, e quello calcistico; ·e ciò per il sem·plice motivo che la p artita di football è molto più (o molto meno, se s.i vuole) di uno spettacolo. Chi assiste alla proiezione di un film, pur identificandosi con l'uno o con l'altro personaggio, non è mai coinvolto al punto da perdere la propr ia. identità. Coloro c~e siedono sulle gradinate di uno stadio, viceversa, diventano parte di un « col1l,ettivo » gigantesco. U·n esempio: mentre non vi è donna che non sia stata oggetto di ap.p,rocci, diciamo così, gal1 anti, in una sala cinematografica,. è un fatto che ·sul1 le trib,u,ne dii un campo .di calcio gli italiani 55 . BibJiotecaGino Bianco

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