... Antonino Répaci rono le parole che egli poté pro-nunziare, perché sommerso· dalle urla e dalle gazzarre dei nazionalisti e dei primi seguaci di Mussolini. Egli disse fra l'altro: « Deve l'Italia svolgere alla C'onferenza u-na politica sua propria? E quale deve essere? E deve in ogni caso, si pervenga o non si pervenga alla costituzione della Società delle Nazioni, p·rovvedere o no, a crearsi elementi e situazioni per una politica cl1e, assicurando la sua pace, contribuisca alla pace d'Europa e del mondo? Chi assume a p-rogramma la rigida difesa dell'Atto di Londra, rifiuta a sé stesso quella intera libertà di atteggiamenti e di discussioni, senza la quale il contributo dell'Italia alla Conferenza rimarrebbe immiserito. Se l'Italia mostra di non avere scrupoli a offendere senza evidente necessità tre sentimenti nazionali ad un tempo - il tedesco, lo slavo, il greco - si spoglia di quella autorità e di quella forza che sarebbero necessarie rper contenere gli egoismi e gli istinti di sopraffazione che si affacceranno alla Conferenza. Ecco anzi l'Italia costretta a mercanteggiare i mutui appoggi con tali egoismi e con ta1 li istinti, ora più che mai fatti vivi in Francia e in Inghilterra, dopo la improvvisa e inebriante vittoria. Ecco l'Italia costretta a diventare complice della tendenza a svalutare e paralizzare gli intendimenti e l'opera di Wilson. Ecco l'Italia costretta a dar mano per mettere in soffitta i princìpi wilsoniani, essa che già ancora p1 rima che Wilson avesse parlato, li aveva trovati dentro al suo cuore e aveva fatto loro l'offerta ben larga del suo sangue generoso. Essa che per essere la più modesta delle grandi nazioni d'Europa ha più di ogni altra interesse supremo, in•teresse di vita e di sviluppo, a sormontare la opp,rimente, depauperante macchina del militarismo, sostituendo l'educazione fisica alla coscrizione. le milizie ginnastiche alle milizie di caserma; essa che ha bisogno di un mondo dove il lavoro riprenda sicuro e fervido, ben sapendo che nelle gare del lavoro i suoi figli, come già sui campi di battaglia, sanno afferrare la vittoria; essa che per tutto questo sarebbe chiamata a essere nella Conferenza la più preziosa alleata di Wilson e a essere in Europa la nazione di avanguardia del movimento wilsoniano, minore sorella legata coi vincoli più stretti della morale, della politica, della economia, alla grande Repubblica delle stelle per quell'imperialismo di civiltà che deve incarnarsi nella Società delle Nazioni! ...A quel modo infatti che senza l'accordo e l'amicizia italo-slava non sarebbe possib,ile il cos.titui•rsi della Società delle Nazioni, così senza un tale accordo l'Italia dovrebbe rinunziare a una vita politica sicura e indipendente. Le ostilità contr'essa dell'elemento jugoslavo si rafforzerebbe coll'ostilità dell'elemento tedesco offeso dalla annessione del Tirolo; talché tutto un cerchio affocato di avversioni e di minacce, dai gioghi delle Alpi Retiche all'Jonio, avvolgerebbe l'Italia. Noi stessi, colla nostra politica, avrem,mo pjreparato la probabilità di una alleanza tedesca-slava contro di noi. Noi stessi, colla nostra politica, in luogo di far dell'Italia un centro di attrazione dell'Europa orientale balcanica e mediterranea, ci saremmo chiusi in un dannoso quanto rpericoloso isolamento. Per fronteggiare il pericolo noi dovremmo swbire, nei nostri rapporti con Francia e Inghilterra, un posto di subordinazione anziché di parità, un posto di protetti anziché di veri e propri alleati. .. Ma i p·ericoli e i danni che abbiamo additato, si eviteranno col metodo delle spontanee concessioni, colla politica serena e generosa di cui tracciamo le linee? Fermamente io lo spero. Questa, ad ogni modo, è l'unica via per evitarli, ed è anche la via del nostro dovere. E quando si è fatto tutto quanto comanda il dovere, si può con animo saldo affrontare ogpi evento. I jugoslavi non ci avrebbero gratitudine né ci corrisponderebbero con uguale s,pirito di conciliazione e di amicizia? 98 Biblioteca Gino Bianco
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