La questione ortofrutticola Ciò è avvenuto per una serie di motivi. Prima di tutto, perché la « rete » doganale protettiva verso l'esterno, che l'Italia, la Germania, la Francia, il Belgio, l'Olanda ed il Lussemburgo, han110 costituito con gli accordi del MEC, l1a le maglie larghe quando si tratta di prodotti agricoli. Esistono accordi, piccoli trattati, eccetera, che praticamente attenu·ano o annullano, per i prodotti agricoli, le barriere doganali. E questo, anche se qualcuno può trovarlo, scandaloso, è, almeno entro certi limiti, un fatto naturale per tutti i paesi industrializzati, che non possono chiudere le Jo,ro dogane in faccia a paesi agricoli nei quali esportano grandi quantitativi di prodotti industriali o dai quali importano materie prime essenziali come, ad esempio, il petrolio . . C'è poi un altro mo·tivo, che oggi è valido soprattutto per gli agrumi ma lo, dive11terà presto anche per gli altri tipi di frutta. Molte delle varietà che si coltivano da noi sono « vecchie»; e comunque, sono meno gradite ai co,nsumatori d,i quelle impiantate più recentemente negli agrumeti e nei frutteti dei nostri concorrenti. Alcuni tec,nici, nel tentativo di spiegare la situazio 1 ne d'inferio,rità dei nostri prodotti, aggiungono che molti paesi del bacino mediterraneo possono praticare prezzi più bassi dei nostri perché la manodopera in quei paesi costa meno che in Italia. L'osservazione non è del tutto priva •di valore. Ma è anche vero che, se il costo della manodopera è da noi più alto rispetto a quello dei paesi mediterranei, trasportare gli 01 rtofrutticoli da Ferrara, da Caserta, da Bari, o anche da Palermo, ad Amburgo o a Bruxelles, costa di meno, ed è certamente più facile, di quanto non lo sia trasportarli dal Cairo o da Tel Aviv. Comunque ci so,no molte buone ragioni per ritenere che la concorrenza alla quale sono sottoposti i nostri prodotti ortofruttico,li sui mercati della « piccola Europa » no,n è destinata a diminuire. Che cosa accadrà quando, non sappiamo tra quanti anni, la Cassa per il Mezzogiorno· avrà ultimato i suoi programmi che prevedono l'irrigazione di 700 mila ettari di terra? Oltretutto anche negli altri paesi del bacino mediterraneo sono· stati progettate nuove e gigantesche opere di irrigazione. E fatalmente gran parte delle terre trasformate ed irrigate saranno destinate alla coltivazione •degli ortofrutticoli. Che co,sa ne faranno i contadini italiani? Il costo che la Cassa per il Mezzogiorno sopporta per i programmi di irrigazione si aggira s11i 4 milioni per ettaro. E si tratta di 700 mila ettari, senza considerare qt1ello che già si è speso negli anni scorsi si arriva così a cifre ingentissime, miliardi di danaro pubblico che si rischia di spendere a vuoto o quasi. L'irrigazione resta, d'altra parte, l'unico strumento valido per mo77 _ Bibliotecaginobianco
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==