Nord e Sud - anno XVI - n. 118 - ottobre 1969

.. La questione ortofrutticola fin tro,ppo ovvia che, se così fosse, non si intenderebbero le difficoltà che i coltivatori incontrano quasi ogni anno nel vendere i loro prodotti, in realtà, se è vero che i consumi sono aumentati, in misura ancora più cospicua è aumentata, in Italia, la disponibilità di frutta e di verdura. Oltre alla resa unitaria p·er ettaro, è cresciuta in misura veramente considerevole anche la superficie coltivata. Ed è cresciuta soprattutto nel Mezzogiorno, fino al punto che gli ortofrutticoli rappresentano oggi una fetta co,nsistente dell'econo 1 mia di molte zone delle nostre regio·ni meridionali. Anzi, si può dire che essi siano tuttora una delle « grandi speranze » del Mezzo,giorno. La speranza di creare una vasta fascia di agricoltura moderna e redditizia che, integrandosi con gli insediamenti industriali~ (con quelli già realizzati e ancor più con quelli che si do,vrebbero realizzare), poitrebbe co,ntribuire a migliorare di n1olto il rapporto tra le « due I talié ». Nel Mezzogiorno, già con l'attuazione della riforma agraria, negli anni ·che vanno dal 1949 al 1953, si fece un primo passo nella direzione di un radicale, o almeno consistente, mutamento delle co1tivazioni. Il grande latifondo meridio 1 nale, qt1ando non era costituito da pascoli incolti, si basava prevalentemente su qt1elle che i tecnici chiamano le coltivazioni « estensive » (i cereali prima di tutto), che erano, quasi sempre coltivazioni « po·vere », perché venivano fatte ( tipico è l'esempio del grano,) su terreni poco adatti. La « riforma }> ebbe certamente il merito di assopire, negli « anni caldi » del dopoguerra, la tensione sociale che si era creata nelle campagne, con le migliaia di braccianti disoccupati e affamati di terra. Essa fu accompagnata da abbondanti sperperi di danaro pubblico e da scelte sbagliate di carattere tecnico ed eco,no,mico. Ma, se anche fatta male, la riforma ebbe i suoi aspetti positivi. L'espro,prio di circa 600 mila ettari di terra e la loro distribuzione a più di 95 mila famiglie co1 ntadine costituì un fatto nuovo che scosse più di quanto comt1nemente si creda l'ambiente agricolo italiano. L'ampiezza della riforma - a parte i clamori della stampa di destra - fu relativamente modesta. Seicentomila ettari di terra non sono gran cosa, se confrontati con i quasi 28 milioni che costituisco 1 no l'intera supe 1 rficie agraria e forestale del nostro paese. Inoltre non tutti i 600 mila ettari espropriati furono trasformati in poderi modello. Ma in parecchi di questi poderi il mutamento delle coltivazioni fu quasi automatico: i co,ntadini che li ebbero in assegnazione non potevano certo· continuare a coltivare i fazzoletti di terra che avevano ricevuto dagli Enti di Riforma, con i metodi dei vecchi prop,rietari, i quali basa:. vano il loro reddito sulla grande estensione dei terreni. Dovunque fu possibile, quindi, le coltivazioni « povere » furono gradatamente sosti73 B··biotecaginobianeo

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