.. Girolamo Cotroneo una semplice omissione per dare una « sua » interpretazione, per fare assumere uri certo significato all'avvenimento che « riporta fedelmente ». Ma la conclusione del nostro discorso non è, come forse potrebbe apparire, di tipo relativistico o addirittura scetticizzante: di questo tipo ci è parsa invece la soluzione di Umberto Eco, il quale ha paradossalmente (ma forse non tanto) finito con l'assumere il giornale: di partito come il migliore, in quanto lì il t,rucco sarebbe scoperto, ci sarebbe una specie di sotterranea intesa fra il giornalista e il lettore, i quali, in fond~ « si capiscono » a vicenda. A nostro avviso il problema è un altro ed è fo,rse un po' più complesso: altra cosa è la « verità» storica (o giornalistica, il che è lo stesso) e altra è l'« obiettività», anche se i due termini possono sembrare a p•rima vista identici; perché, per paradossale che possa sembrare, anche raccontando secondo verità un avvenimento lo si può deformare con l'interpretazione che di esso si dà. Pretendere quindi dal giornalista l'obiettività è un discorso alquanto invecchiato. Montanelli ha scritto che non sa se « l'obiettività assoluta sia oos- ..... sibile », pur ritenendo possibile il « perseguirne l'ideale »; ma non può non sapere (ed egli del resto ne è una testimonianza vivente) che la mancanza di obiettività non ha mai inciso sul successo di un giornalista, sul quale può semmai incidere il suo essere « falso», che non è proprio la stessa cosa. L'obiettività esigerebbe una sorta di spersonalizzazione che, oltre tutto, impedireb·be la stessa comprensione degli eventi, i quali richiedono sempre di essere interpretati; e l'interpretazione degli eventi umani è certamente personale, passionale, di parte in una parola. Ma ciò non toglie, per paradossale che possa apparire questa affermazione, che, pur essendo « di parte », il giornalista non stia in quel momento dicendo anche la verità: nella sua replica a Indro Montanelli, Eugenio Scalfari ha dichiarato di credere alla possibile obiettività di un giornale e di un gior11alista « all'interno della scelta di sistema e di valori » fatta in precedenza; ed in questo modo ha data per scontata la parzialità e quindi la non-obiettività del giornale e del gio,rnalista, tesi questa che possiamo senza m·éno accettare, pur riservandoci di aggiungere successivamente qualche altra considerazione. Quando invece Scalfari ha cercato con un esempio di dimostrare la sua tesi, ha portato avanti un argomento che ci è parso alquanto difettoso; ha soritto infatti che « la stamp·a comunista italiana è stata, sui fatti di ~raga del· l'anno scorso, sufficientemente onesta senza cessare con questo di fare il suo mestiere di stampa comunista. Tredici anni fa invece, all'epoca dei fatti di Budapest, 1a stampa· comunista italiana diede un vergognoso esempio di malafede e ·perse ogni credibilità per molto tempo». Il difetto dell'argomento di Scalfari sta a nostro avviso nel fatto che egli non ha chiarito se ritiene che nel 1968 la stampa comunista avrebbe detto la verità mentre invece avrebbe mentito nel 1956: m·a poiché ha parlato di « credibilità» c'è da ritenere che questa sia la sua tesi. Se è veramente così, ci pare che Scalfari non_ si sia reso bene conto del fatto che in ambedue i casi la stampa comunista ha invece detto la « verità», ha cioè ammesso tutte e due le volte 64 Bibiiotecaginobianco
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