/ Note della Redazione fuori elementi tali da portar in luce tutto l'intrico delle responsabilità amn1inistrative, politiche, economiche, che sono all'origine del deterioramento urbanistico della città e dei suoi dintorni. Onde il pericolo che a pagare il fio sia soltanto qualche pesce piccolo (che, peraltro, se deve pagare è giusto che paghi); e che invece scappino dalla rete, e si salvino da ciò che meriterebbero penalmente, politicamente e moralmente, i pesci grossi. In tal caso le inchieste ministeriali sarebbero soltanto una turlupinatura, perché è evidente a tutti che la speculazione edilizia e la « non politica » urbanistica che negli ulti1ni lustri si è fatta a Napoli e nei co,muni limitrofi di più intenso insediamento residenziale e turistico, non è stata roba da pesci piccoli. La colata di cemento che si è rovesciata su Napoli, sulla costa flegrea e su quella vesuviana, nell'entro terna industriale e sulle isole del golfo, deve aver richiesto ben più che il piccolo intrallazzo tra qualche impresa e qualche funzionario. Gli anni di Lauro sono stati gli anni delle « mani sulla città», con tutte le leve del potere locale a disposizione degli speculatori. Ma anche quando è declinata l'infausta era laurina, e quando è cessato il rapporto simbiotico tra an1ministratori e SJJeculatori, non risulta che abbia avuto termine la colata del cemento. Se1nmai, negli anni 60, i meccanismi della speculazione si sono fatti più sofisticati, e più inafferrabili i rapporti tra imprenditori incolti e rapaci, firianziatori spregiudicati, politici disponibili alle protezioni e ai favori. E si è creata, tra i vari elementi di questa struttura verticale dell'edilizia di rapina, tutta una rete di intermediazioni e ramificazioni, avviluppando uomini, uffici e istituzioni, favorita da una poco agguerrita opinione pubblica e da una situazione socioeconomica sottosviluppata. In città come Napoli, dove le risorse produttive sono scarse, l'edilizia finisce per essere l'industria principale, e il fatto che ogni piccolo risparn1io, ogni capacità impreriditoriale endogena vengano, direttamente o indirettamente convogliati verso l'edilizia, che ogni cittadirio, quale affittuario, quale piccolo proprietario, se1nplicemente quale aspirante ad una «casa» (senza parlare della manovalanza, occupata e non), si senta interessato all'attività del settore, determina una vera e propria distorsione psicologica della coscienza collettiva, onde trova difficoltà a maturare una sana e civile consapevolezza delle esigenze di ordinato sviluppo urbanistico, di retto uso del territorio, di salvaguardia dei valori paesistici e delle infrastrutture sociali. Per questo la « congiura » palese o occulta degli interessi speculativi - dei costruttori rapaci, dei finanziatori spregiudicati, nonché dei favoreggiatori politici - riesce a prevalere sulle forze più serie (svantaggiate anche dalla perdurante carenza delle leggi) che si battono per affermare la logica della pianificazione territoriale contro la logica della rapina del territorio. È una lotta, questa, che si svolge non di rado all'interno di uno stesso partito, d'una stessa associazione o categoria: ed è bene sottolinearlo per comprendere meglio come gli scempi edilizi abbiano potuto continuare a• Napoli anche dopo Lauro, e negli altri comuni del Napoletano verificarsi sotto amministrazioni del più svariato colore. 51 _ Bibliotecaginobianco
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