Dino Cofrancesco alle prop·rie p1 ropo 1 ste. Ma per individuare i limi ti della filosofia in esame occorre anche chiarire il suo vero nemico; che non è l'illuminismo, ma semmai lo storicism·o. Manca in essa - e volutamente - il sen'so della storia e delle distinzioL. ni: da Omero passando per Sade, a Hollywoo 1d, il filo conduttore del racconto è affidato più alla genialità dell'intuizione che non alla necessità intrinseca all'oggetto. La stoiria, con le sue catastro 1 fi e la sua negatività è già tutta compiuta fin dalle sue prime manifestazioni consapevoli e, a differenza che in Marcuse, non compare nemmeno un'anti 1 sto,ria - ovvero una storia delle possibilità perdute. Sullo sf ondo ct1po della storia, i fatti e i protagonisti, gli eventi e le trasformazioni semb 1 rano tutti « vanità che . . . . par persona » e 1n p1 r1mo piano rimane soltanto i.I soggetto, che cerca disperatamente di resistere alla suggestione e alla falsità che invade e sottomette il reale. « Chi non collab·o,ra, dicono i progressisti, non cava un ·ragno dal buco ». Ma Ado,rno e Horkheimer odiano la propaganda - si tratti dell'Armata Rossa, della Hitlerjugend o della democrazia occidentale. « Se il cli scorso - scrivono - deve rivolgersi a qualcuno, non è già alle cosiddette masse, né al singolo, che è impotente, ma p•iuttosto ~ un testimone immaginario, a cui lo lasciamo in eredità, perché non scompaia interamente con noi» (p. 272). Qui al tempo stesso c'è una fi,ducia 1nassima nella filosofia e un attestato della sua assoluta im·potenza: ma tant'è, il pensiero è contraddittorio perché « la contraddizione è nelle 126 B_biiiotecaginobianco cose». E del resto ciò che gli Autori propongono è un nuovo modo di vedere, non una nuova 1naniera di costruire delle realtà sociali o politiche. Ma il limite at1tentico 1 della loro proposta sta -nel fatto che non può divenire oggetto ,di un dialogo. Già lo stile, apodittico e lapidario, ha un tono da « prendere o lasciare » che fa venire ad ogni critica il fondato complesso di risultare estrinseca e non pertinente, simile a quella di chi volesse rimproverare al Leopardi la visione cupa de La ginestra. Il lettore è chiamato a rivivere certe intuizioni, a co,gliere la profondità e la perspicacia di certi giudizi, a rendersi conto dell'ambivalenza del discorso scientifico, ma poi no,n riesce bene a comprendere su quale palcoscenico si consumino i drammi a cui assiste, né chi muova realmente i fili. Gli sfruttato,ri di ·classe sembrano più le omb 1 re delle cose che le cose stesse e, nella nostra epoca, le responsabilità evidenti sono soltanto quelle degli « ingegneri della storia», senza che s'inten•da chi sia l'imp·rendito,re. Ciò manda 'su tutte le furie il socialdemocratico e il comunista, il giovane cointestatore e il vecchio liberale: ci si è talmente abituati alla ricerca dei significa ti p1 ratici e imn1ediati di un pensiero - del « dove va a parare » - che è quasi inconcepibile che esistano denunziatori che, col loro gesto, non si propongono alt 1 ri fini. Anche e soprattutto perché al pensiero corrente il delitto appare se1npre in stretto rapporto con la denuncia e questa finisce per essere più importante di quello giacché dal to·no, dalla fina-
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==