Nord e Sud - anno XVI - n. 118 - ottobre 1969

Il nuovo illuminismo di Adorno / ceve le botte proprio perché gli spettatori si abituino alle proprie» (p. 148-9). « L'evasione dalla vita quotidiana a cui l'intera industria culturale, in tutti i suo1 i rami, permette di provvedere, è come il ratto della figlia nel foglio umoristico americano: il padre stesso regge al buio la scala. L'industria culturale torna a fornire come paradiso la stessa vita quotidiana » (p. 153). L'arte, che aveva costituito una possibilità, sia pure episodica e frammentaria, di trascendenza rispetto al reale, diviene ora la benedizione di esso. I tipi dell'industria cultu·rale, anzi, adempiono alla funzione dello •schematismo kantiano: apprestano i mod.i in cui deve essere percepito il particolare 'per poter essere sussunto sotto l'universale. « Ancor prima che Zanuck l'acquistasse - e qui l'ironia diviene crudele, pur rimanendo sempre molto felice - la santa Bernadette brillava nel campo visivo del st10 auto 1re come una réclame per tutti i consorzi interessati» (p. 140). Ma il discorso viene veramente approfondito nell'analisi dell'antisemitismo. Gli ebrei - per i loro carnefici - rappresentano gli inventori dell'illuminismo. Li si accusa « di ciò che essi, come primi borghesi, sono stati i ·primi a vincere in sé: la tendenza a farsi sedurre dall'inferiore, l'i,mpulso verso l'animale e la terra, l'idolatria. Avendo inventato il concetto di mondezza, sono perseguitati come porci. Gli antisemiti si fan.no esecutori dell'antico testamento: provvedo 1 no acché gli ebrei, avendo mangiato i frutti dell'albero della conoscenza, diventino terra» (p. 199). -Bibliot~caginobianco Qui Adorno e Horkhei1ner cl1iariscono, senza più alc11na possibilità di malintesi e di equivoci, la portata reale e i limi ti del loro preteso antiilluminismo. Il loro discorso merita di venir trascritto quasi per intero, in quanto può essere assunto a princip,io direttivo di una filosofia morale, aliena dall'irrazionalismo non meno che dallo scientismo, in quanto ripudia sia la riduzione dell'uomo a strumento di do,minio della natura, sia la considerazio·ne di questa come la sorgente incontaminata di ogni sanità. « In un certo senso - scrivono - 01 gni percezione è una proiezione... L'immagine percettiva contiene in realtà co,ncetti e giudizi. Tra l'oggetto reale e il dato indubitabile dei sensi, fra l'interno e l'esterno, c'è un abisso che il soggetto deve colmare a p·roprio rischio e pericolo. Per riflettere la cosa com'è, il soggetto deve restituire più di quanto non riceva da essa. Il soggetto to1rna a creare il mondo fuori di sé in base alle tracce che esso lascia nei suoi sensi: l'unità della cosa nella varietà delle sue proprietà e dei suoi stadi; e costituisce così, d-i rimbalzo, l'io, in quanto apprende a dare unità sintetica non solo alle impressioni esterne, ma anche a quelle interne che si separano a poco a poco dalle prime. L'io identico è l'ultimo prodotto co1stante della proiezione ( ...). Ma anche una volta oggettivato autonomamente esso è solo ciò che è a lui il mondo degli oggetti. La profondità interiore del soggetto no1 n consiste in altro che nella variet~ e ricchezza di sfumature del suo mondo percettivo esterio 1 re. Se questa reciproca compenetrazione è 123

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