.. Adriana Bich mente rivoluzionario » quello che stabilisce che « i capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, possono raggiungere i più alti gradi dell'istruzione ». Anzi, vi era stata la proposta, poi accantonata 21 , di usare la formula « solo· i capaci e meritevoli ». E evidente il proposito di distruggere i_lmo,nopolio che del sapere aveva la borghesia, i cui p,rivilegiati figli, con spinte e aiuti di ogni genere, riuscivano a percorrere quasi tutti, l'intero iter degli studi, possibile invece a pochi tra i poveri. Si immaginava cioè, co·n un massimalismo ingen110 e tutto. sommato ancora romantico, che il figlio di papà, se la scuo1la lo avesse giudicato inadatto, sarebbe stato escluso senza pietà, magari ai gradini iniziali, dalla cultura e dalle carriere che essa consente; e che il giovane proletario, se ritenuto atto allo studio, sarebbe giunto fino ai più alti successi professionali ed econo,mici. Ma non ci si rendeva conto che, anche qualora questo fosse avvenuto, nel modo più completo., sarebbe stata una operazione solo di sostituzione e non di reale rinnovamento, e avrebbe creato, al posto della vecchia, una borghesia composta di altri indvidui, e nata in base a diversi principi socio-economici, ma in tutto simile alla prima nel comportamento, nella mentalità, negli intenti, e incline al classismo come quella. Inoltre il co•ncetto di « capaci e meritevoli » è estremamente ambiguo. Infatti, se si ritengono· tali coloro che possiedono le normali qualità che dovrebbero consentire a tutti i cittadini di frequentare le scuole, senza discriminazioni o preoccupazioni eco·no•miche e professionali, fino ai sedici, o meglio ai dicio,tto anni, la frase o è superflu.a, o fa sorgere il sospetto che la massa degli italiani sia costituita di subnormali. Se invece « capaci e meritevoli » sono coloro che hanno un'intelligenza superiore alla media, l'intera formula fa pensare che soilo i superdotati « anche se privi di mezzi » possono studiare, mentre agli abbienti bastano capacità comuni. Inoltre, vi è il perico,Io di perpetuare nei docenti il comodo malcostume di giudicare co,n facilo,neria « asini » coloro che essi stessi, co,n l'impegno e la dedizione, dovrebbero, viceversa fo-rmare e rendere, appunto « non asini ». Scriveva infatti Lo,mbardi 22 : « La r1ostra miopia ' liberale ' ritiene che tutto il pro•blema della scuola sia un problema di severità da parte degli insegnanti, o, co,me essi dicono, un problema di ' disciplina' ». E b·e11presto si co.minciò a battere su questo argomen.to, servendosene come di un'arma perfi 1 no· contro l1 a scuola dell'obbligo fino ai quattordici anni. Alla ·Costituente vi fu una significativa discussio,ne fra Marchesi e 21 Atti Ass. Costit. Discuss,ioni Vol. 331 pagg. 3409t-11. 22 FRANCO LOMBARDI, La riforma della scuola, Milano-Roma, 1946. Bibliotecaginobianco
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