/ .. , Rivista mensile diretta da Francesco Compagna Francesco Compagna, La concezionemeridionalista dello sviluppo italiano - Lucio Rosaia, La soci~tà scientifica - Giulio Picciotti, I cattolici e lo Stato - Rosellina Balbi, Ancora sui comunisti e gli ebrei - · Girolamo Cotroneo, L'informazione 1iegata e scritti di Adriana Bich, Marisa Càssola, Dino Cofrancesco, Sara Esposito, Antonio Ghirelli, Felice Ippolito, Ugo Leone, Antonio Pellicani, Mario Pendinelli, Alfonso Sterpellone, Nicola Toraldo Serra, Nino Traficante, Enrico Vitiello~ ANNO XVI - NUOVA SERIE - OTTOBRE 1969 - N. 118 (179) ED I z I o N I se I E N T I F I e H E I TAL I AN E - N A ·po L I . Bibliotecaginobianco
LIBRERIE PRESSO LE QUALI È IN VENDITA LA RIVISTA TORINO Libreria PARAVIA Via Garibaldi, 23 MILANO Libreria FELTRINELLI Via Manzoni, 12 Libreria FIORATI Francesco Piazzale Baracca, 10 Libreria S. BABILA Corso Monforte, 2 VENEZIA Libreria CLUVA S. Croce 197 VERONA . Libreria SCIPIONE MAFFEI Galleria Pellicciai, 12 TRIESTE Libreria PAROVEL EUGENIO Piazza Borsa, 15 BOLOGNA Libreria FELTRINELLI Piazza Ravegnana, 1 Libreria NOVISSIMA Via Castiglione, 1 Libreria PAROLINI Via Ugo Bassi, 14 FERRARA Libreria TADDEI Corso Giovecca, 1 MODENA Libreria RINASCITA Piazza Matteotti 20/1 FIRENZE Libreria degli ALFANI Via degli Alfani, 84/86 r Libreria DEL PORCELLINO Piazza Mercato Nuovo, 6/7 r Libreria FELTRINELLLI Via Cavour, 12 Libreria MARZl-lCCO Via Martelli, 22/R Bibiiotecag inobianco PISA Libreria VALLERINI Silvano Lungarno Pacinotti, 10 SIENA Libreria BASSI Via di Città, 6/8 VIAREGGIO Libreria GALLERIA DEL LIBRO Viale Margherita, 33 PERUGIA Libreria LE MUSE Corso Vannucci, 51 ROMA Libreria ADRIANI Via del Tritone, 194 Libreria AI DIOSCURI Via del Corso, 293 Libreria CONDOTTI Via Condotti Libreria CUCINELLA . Viale Europa, 270 Libreria ERCOLI Piazza del Popolo, 11/E Libreria EURO LIBRO Viale Europa, 122 Libreria FELTRINELLI Via del Babuino, 39/40 Libreria GREMESE Via Cola di Rienzo, 136 Libreria KAPPA Viale Ippocrate, 113 Libreria MODERNISSIMA _Via Mercede, 43 Libreria PAESI NUOVI Via Aurora, 85 Libreria RINASCITA Via Botteghe Oscure, 1 Libreria RIZZOLI Largo Chigi, 15 Libreria RIZZOLI Via Veneto Libreria SFORZINI Via della Vite, 43 Libreria TOMBOLJNI Via IV Novembre, 146 Libreria TREVI Piazza Poli, 46 LAT.IN A Libreria RAIMONDI Via Eug. di Savoia 6/10 NAPOLI Libreria Fausto FIORENTINO Calata Trinità Maggiore Libreria LEONARDO Via Giovanni Merliani, 118 Libreria DEPERRO Via dei Mille, 17/19 Libreria A. GUIDA & FIGLIO Via Port' Alba, 20/21 Libreria FIORILLO Via Costantinopoli, 76 Libreria TREVES Via Roma, 249 Libreria GUIDA MARIO Piazza Martiri, 70 Libreria MACCHIAROLI Via Carducci 57/59 Libreria l\'1:INERVA Via Ponte di Tappia, 5 PALERMO Libreria DOMINO Via Ron1a, 226 Libreria S. F. FLACCOVIO Via R. Settimo, 37 CATANIA Libreria CASTORINA Via Etnea, 67 J-Jibreria LA CULTURA Piazza Vitt. Emanuele, 9 CORIGLIANO CALABRO Edicola FRANCESCO COSENTINO CAGLIARI Libreria FRATELLI DESSI' Corso Vitt. Emanuele, 30
. NORD E SUD Rivista mensile diretta da Francesco Compagna ANNO XVI - OTTOBRE 1969 - N. 118 (179) DIREZIONE E REDAZIONE: Via Carducci, 29 - 80121 Napoli - Telef. 393.347 Arnmjnistrazione, Distribuzione e Pubblicità : EDIZIONI SCIENTIFICHE ITALIANE - S.p.A. Via Carducci, 29 - 80121 Napoli - Telefono 393-346 Una copia L. 400 - Estero L. 700 - Abbonamenti: Sostenitore L. 20.000 - Italia annuale L. 4.000, semestrale L. 2.100 - Estero annuale L. 5.000, semestrale L. 2.700 - Fascicolo arretrato L. 800 - Annata arretrata L. 8.000 - Effettuare i versamenti sul C.C.P. 6.19585 Edizioni Scientifiche Italiane - Via Carducci 29, Napoli Bibiiotecaginobianco •
SOMMARIO Francesco, Co1 mpagna ~ Lucio Ro·saia Giulio Picciotti Rosellina Balbi Ugo Leone Girolamo Cotroneo Sara EspositoEditoriale [3 J · La concezione meridionalista dello sviluppo italiano [71 La società scientifica [26] I cattolici e lo Stato [34] Note della Redazione « Il lvlondo » di Arrigo Benedetti - Chi costruirà le case? - Napoli: « misteri» del sottosuolo e altri « misteri » [ 47] Giornale a più voci Ancora sui comunisti e gli ebrei [53] Di aittomobile si muore [57] L'informazione negata [60] Città e Territorio Le piccole città [ 67] Inchieste Mario Pendi11ell,i La qilestione ortofrutticola [71] Frontiere Enrico Vitiello La lung.a paura di Bucarest [85] Cronache e memorie Adriana Bich La Costituente e la scuola [92] Felice Ippolito Marisa Càssola Nicola Toraldo Serra Alfonso Sterpellone Antonio Pellicarii Antonio Ghirelli Nino Traficante Recensioni L'insegnamento di Silvio Spaventa [102] Una lezione di coraggio [ 103 J La Calabria dall'Unità al fascismo [106] Il capitolo della distensione [ 108] Totalitarismo all'italiana [ 109] Lettere al Direttore L'equidistanza [112] La superstrada Potenza-Candela [ 117] Filosofia Dino Cofrancesco Il nuovo illuminismo di Adorno [119] Bibliotecaginobianco
.. / Editoriale Già in altre occasioni, in editoriali dei numeri di « Nord e Sud » della primavera scorsa, abbiamo rilevato che, se c'è una vistosa crisi dei socialisti, ,.c'è ancl1e una crisi, strisciante ( la parola e di moda), dei dorotei e quindi della Democrazia Cristiana. Lo stato maggiore dei do rotei non presenta più la conipat tezza di tlna volta, si è diviso in gruppi e sottogritppi che si apparentano con gruppi e sottogruppi di altre correnti, in un gioco estenu,ante di 1narzovre e contromanovre tattiche. Tutto è provvisorio ed instabile nella DC, non si intravede qitali potrebbero essere le componenti di una nuova maggioranza e non è più rico11oscibile ciò che è vivo e ciò che è morto della vecchia maggioranza, imperniata appunto sul blocco dei dorotei. E tuttavia, se si dovesse addivenire ad uno scioglimento anticipato delle Camere, e quindi ad una consultazione del corpo elettorale, è possibile che la DC, per quanto messa in crisi dalla spregiudicata pressione delle sue sinistre ( « forze nuove » di Donat Cattin e la « base » di Galloni e di De Mita), incassi a destra cospiciti dividendi elettorali e si ritrovi in una nuova Camera con una forza parla1nentare accresciuta rispetto a quella di citi dispone attualmente? Non c'è dubbio cfze il settore pi1~fiitido del corpo elettorale è quello che si colloca alla giitntilra tra la DC e la destra. Le più rilevanti oscillazioni del corpo elettorale si sono sempre verificate in questo settore: nel '48 fu la maggioranza assoluta della DC perché gli elettori di destra votarono per il « partito-diga»; nel '53 fu il rno1nento dei monarchici e dei missi11i perché nel A1 ezzogiorno molti elettori che nel '46 avevano votato a destra e nel '48 avevano votato per la DC tornarono a destra proprio in odio alla DC, consider.ata corresponsabile della riforma agraria; nel '58 fu la DC a recitperare in parte i voti perduti a destra nel '53 percfzé la destra meridionale era qu.ella cl1e era e perché Fanfani aveva prornesso il « progresso senza avven.ture »; 11el '63 fu il mon1ento del PLI perché nel Nord molti elettori di orie11tamento moderato avevano paitra del centro-sinistra, come « avventitra », e soprattutto· reagirono contro la nazionalizzazione dell'industria elettrica, considerandone responsabile la DC che, si diceva, si era mostrata cedevole alle « pretese » dei socialisti. Ora la DC sa benissimo, e lo san·no anche le correnti di sinistra della DC, che non sono per ora prevedibili grossi spostamenti del corpo 3 . Bibiiotecaginobianco
Editoriale elettorale all'altra giuntura dello schieramento politico-elettorale, ma che gli spostamenti alla giuntura fra DC e destra posson.o sempre essere tali da portare la percentuale dei voti den1ocristiani ai limiti massimi del 1948 o ai limiti minimi del '53 e del '63. E soprattutto i democristiani sanno benissimo che, se nel settore piit -fluido del corpo elettorale, quello appunto che si colloca alla giu,ntura fra la DC e la destra, prevale la paura dei com.itnisti ed in pari tempo urza relativa fiducia nell'anticomunismo del partito di maggioranz,a relativa, aumentano i voti democristiani; mentre questi voti diminuiscono se gli elettori moderati, a torto o a ragione, reagiscono preoccupati a veri o presunti annacquamenti dell'anticomiLnismo trad'izionale della DC. La. crisi della direzione doro tea e l'attivismo dei Donat Cattin potrebbero quindi provocare uno slittamento a destra dell'ala moderata dell'elettorato democristiano. Verso il PLI, come nel '63? No. Verso il PSV, che la sinistra democristiana e socialista vogliono- irrimediabil1nente spingere a destra, dove una parte del PSV è magari corriva a farsi collocare. Ed anche una parte dell'elettorato moderato del PLI potrebbe essere richiamato dal PSV, più credibile per l'incidenza del sito anticomunismo d'i quanto non lo sia oggi il PLI. Senza contare che, a giudizio di alcu,ni, vi sarebbe oggi una certa -fluidità anche alla giuntura di si11istra della DC, fra gli elettori iscritti alle ACL!, pochi o molti che siano. Potremmo quindi avere, in caso di elezioni anticipate, un gonfiamento del PSV e u.na riduzione dell'area elettorale democristiana perfino più sensibile di quella dél '53 e di qtlella del '63. E probabilmente il disegrzo di taluni esponenti del PSV ( di Preti, per esempio) è proprio questo: far pagare elettoralmente alla DC il costo delle sortite dei Donat Cattin e dei De Mita. Ma questo disegno non ci sen1bra tener conto del fatto che la DC, tutta la DC, ove dovesse addivenire alla decisione di ricorrere alla consultazione del corpo elettorale, avrebbe cura di fare in modo che tale ricorso si configurasse come l'ultima e inevitabile conseguenza di una situazione determinata dalla incapacità dei socialisti, di tutti i socialisti, a domare la loro tradizionale rissosità, .a contenere entro limiti di ragionevolezza i loro contrasti ideologici, a risolvere le loro questioni di potere e di equilibrio e di convivenza senza far saltare una chiesa ogni volta che si tratta di riparare una casa. La DC, inso1nma, potrebbe andare alle elezioni in condizioni di relativa sicurezza, malgrado la sua in.negabile crisi: perché la crisi dei socialisti è più vistosa, se non più grave; e di co11seguenza sia il PSI che il PSV sono i partiti che corrono il rischio piit grosso irz caso di elezioni anticipate. 4 Bibiiotecaginobianco
Editoriale Quanto al disegno del PSU, di accaparrarsi una grossa fetta del settore di corpo elettorale che è alla giuntzlra fra DC e destra, si tratta di un disegno che potrebbe realizzarsi soltanto nell'ipotesi che il ricorso alle elezioni avesse luogo quando itn esperimento di governo bicolore (DC-PSI), dopo effimera durata, si dovesse concludere con itna aggravata tensione fra le correnti della DC: determinata da una più scoperta col'npron1issione del partito a sinistra, fino ai con1unisti. È evidente, però, che la DC - piuttosto che cadere in questa compromissio11e, secondando il disegno concorrenziale del PSU, e rischian.do comunque di perdere a destra anche più voti di quanti non ne abbia perduti nel '53 e nel '63 - sceglierebbe quel ricorso alle elezioni del quale potrebbe sempre addossare la colpa allo scissionismo socialista, alla rissosità socialista, all'impotenza socialista. Questa analisi induce quindi a ritenere che la DC, a rigore di logica, non sia disposta a rischiare il governo bicolore con il PSI; e che, d'altra parte, così il PSI come il PSU, una volta che si fossero resi conto dell'astrattezza dei loro disegrLi, rispettivamente quello di pervenire alla formazione di un governo senza il PSU e qitello di sottrarre voti alla DC e al PLI nel settore più fl,uido dell'elettorato italiano, non abbian.o alcun interesse obiettivo a fornire alla DC plausibili motivi di ricorso alle elezioni anticipate in un clima caratterizzato da crescenti preoccupazioni dell'opinione pubblica per l'equilibrio de1nocratico e la stabilità politico-istituzionale. b'd allora, sempre a rigore di logica politica, il ritorno .al centro-sinistra organico dovrebbe imporsi come stato di necessità. Sen.nonché potrebbe essere un centro-sirListra formalmente organico e sostanzialn1ente sn.aturato: non solo rispetto a quello consentito ieri dall'unificazione socialista, ma anche rispetto a quello consentito avant'ieri dalla convergenza del PSDI di Saragat e del PSI di Nenni: è un fatto che il PSU di Preti ed il PSI d'i De lvlartino non tendono a convergere, ma a divergere. Di qz,ti la giusta preoccupazione del PRI e la sua ragionevole proposta: predisporre, d'intesa con il PSI e con il PSU, una nuova piattaforma politica, di rianimazione e messa a punto della strategia delle riforme, di riqualificazione della politica di centro-sinistra, di consolidamento delle forze collocabili nello spazio fra DC e PCI, lo spazio che si è dimostrato, per così dire, e non da oggi, il più franoso di tutto lo schieramento den1ocratico, onde, a causa di questa franosità, rischia oggi di 'Venir meno la condizione stessa del rec1,1,perodella politica di centro-sinistra, quale che sia lo stato di necessità che impone questo recupero: rischia di venir meno, anzi, la condizione stessa della stabi5 ' ·~ Bibliotecaginobianco
Editoriale lità politica che è l'equilibrio fra la con1pon.ente laica e la componente cattolica del centro-sinistra, la possibilità della componente cattolica di trovare ancora un valido i11terlocutore e la capacità della componente laica di qitalificarsi ancora come interlocutore valido. Quanto più si indeboliscono, cioè, le for?,e che. stanno e che potrebbero stare nello sp.azio fra DC e PCI, tanto più si rafforzano le tentazioni integralisticl1e della DC, di certi a1nbienti della DC; e la stessa crisi del doroteismo p·otrebbe risolversi con la crisi definitiva delle politiche non integraliste, di tradizione degasperiana. Ma di quale dis - sipazione dei valori laici che hanno contrassegnato la nascita e la crescita dell'Italia moderna 110n diventerebbero allora responsabili quei socialisti che oggi co11siderano « arretrato » ogni discorso su questi valori? 6 Bibiiotecaginobianco
/ La concezione meridionalista dello sviluppo italiano di Francesco Compagna ,:. Risultati e indicazioni. In questo settembre del 1969 una relazione sui risultati e sulle prospettive d.ella politica meridionalista non può non assumere come punto di riferimento l'ordine del giorno votato in aprile dalla Camera dei Deputati. E giova. ricordare a11zitutto che il filo cor1duttore della formulazione di quell'o.d.g. era riconoscibile nell'affermazione dell'esigenza di far valere nella politica di programmazio,ne una vera e propria concezione meridionalista dello sviluppo italiano. Ecco: era stato prop·rio qui a Bari - un mese prima della discussione sul Mezzogiorno alla Camera dei Deputati, e in occasione di una tavola rotonda organizzata da qt1esta benemerita Fiera del Levante - che Pasquale Saraceno aveva precisato che cosa debba intendersi per concezione meridionalista dello sviluppo italiano: ogni decisione di politica economica, e non solo di politica economica, dev'essere valutata anche e prima di tutto per i riflessi che può avere ai fini di quello che a nostro giudizio è l'obiettivo, e non uno degli obiettivi, della programmazione: la progressiva cancellazione del confine fra le due Italie, l'Italia della piena occupazione e quella dell'en1igrazione. Come ho ricordato la giornata di Bari, così devo d'altra parte ricordare la giornata di Milano. Perché è stato a Milano - nei giorni stessi in cui alla Camera si discuteva della politica meridionalista, e in occasione di un'altra giornata del Mezzogiorno, organizzata da un'altra Fiera - che abbiamo avuto una chiara adesione dell'on. Taviani alla concezione meridionalista dello sviluppo italiano: come felice e tempestiva anticipazione del discorso di replica che il Ministro a,,rebbe pronunciato alla Camera qualche giorno * Rispondendo alle sollecitazioni che mi sono penrenute da varie parti e per informazione dei lettori di « Nord e Sud» pubblico il testo registrato della relazione generale che ho tenuto a Bari il 20 settembre in occasione della « Giornata del Mezzogiorno », organizzata dalla Fiera del Levante (f. c.). 7 _Bib·liotecaginobianco
Francesco Compagna dopo per accettare l'o.d.g. dei partiti di centro-sinistra che molto risentiva nella sua articolazione e nella sua formulazione dei discorsi che si erano fatti intorno alla tavola rotonda di Bari e in particolare della relazione di Saraceno che aveva aperto quella tavola roto11da. Richiamiamo, du11que, il giudizio che l'o~d.g. della Camera dava dei risultati della politica meridionalista e ricl1iamiamo anche le indicazioni che quell'o.d.g. forniva ai fini di una politica di piano animata e guidata dalla concezione meridionalista dello sviluppo italiano. Nel richiamare queste indicazioni terremo d'altra parte presenti anche quelle che si ricavano dal Progetto '80, per valutare fino a che punto esse risultano conformi alla concezione meridionalista dello sviluppo italiano. Ora, per quanto riguarda i risultati della politica meridionalista, quali che siano state le n1anchevolezze, le incoerenze, le i11certezze, gli errori commessi, noi 110n possiamo considerarli fallimentari, come tendenziosamente li considerano i comunisti e a loro modo taluni commentatori della destra economica. L'ambiente del Mezzogiorno risulta ormai assai più maturo di quanto non lo fosse nel passato anche prossimo: assai più maturo per l'industrializzazione. Io stesso proposi che, con questo giudizio di conseguita maturità ambienta.le, si introducesse tutto il discorso formulato con l'o.d.g. della Camera. Perché mi pare che cada in una contraddi- - zione chi denuncia il fallimento della politica meridionalista e in pari tempo pretende che i programmi di investimento dei grandi gruppi industriali, pubblici e privati, siano caratterizzati da un impegno nel Mezzogiorno. Non si pt1ò pretendere questo impegno se si considera fondata quella denuncia. Ma la dent1ncia non è fondata: le premesse dell'industrializzazione grazie alla politica meridionalista sono state create, e quindi si può pretendere, e noi pretendiamo, che i grandi gruppi industriali, pubblici e privati, orientino i loro programmi di espansione in modo tale da provocare 1.1nariduzione dell'emigrazione dal Mezzogiorno e un aumento dell'occupazione nel Mezzogiorno. Lo avessero fatto fin dal recente passato, non avremmo oggi a Milano ed a Torino le situazioni gravissime che si sono verificate e che noi . Cassandre meridionaliste avevamo previsto che si sarebbero verificate! Nei prossimi 10 anni, insomma, dobbiamo raccogliere i frutti di una politica durata 20 anni ed i cui risultati sono appunto tali da consentirci di raccogliere questi frutti. 8 Bibiiotecaginobianco
/ La concezione meridionalista dello sviluppo italiano Ma questo naturalmente non significa che tutto sia andato nel ·migliore dei modi e che non siano necessari sforzi adeguati per eli1ninare e correggere le incoerenze, le incertezze, gli errori ct1i prima accennavo, e che, se non hanno portato al fallimento della politica meridionalista, hanno tuttavia compromesso la possibilità che i suoi risultati fossero più consistenti e più rilevanti di quanto non lo siano stati effettivamente. Come dice Cifarelli dobbiamo guardarci così dal « pessimismo distruttore » come dall'« ottimismo superficiale ». Passiamo quindi dal giudizio st1i risultati all'approfondimento delle indicazioni. Se è vero che si è aperto ( e già da qualche anno) un discorso nuovo. sulle iniziative industriali che l'ambiente più maturo oggi consente di localizzare in certe zone del Mezzogiorno, le quali 20 anni or sono non risultavano indL1strializzabili, se non entro limiti 1nolto a11gusti, è anche vero che non si può considerare chiuso il discorso sulle infrastr11tture. E così è sopratt11tto vero che non possiamo ritenerci tranquillizzati per quanto riguarda i quadri ct1i è affidata la gestione della politica meridionalista e comunque i più larghi e differenziati quadri che dobbiamo formare per assicurare al Mezzogiorno una nuova e dinamica classe dirigente. La questione delle infrastrutt11re e quella dei quadri richiedono più che mai discorsi fermi da parte dei meridionalisti. L'uno, quello relativo alle infrastrutture, che dev'essere rivolto a tutta la classe dirigente del paese, agli uomini di governo e ai programmatori, ai. funzionari pubblici ed ai managers privati. L'altro, quello relativo ai quadri, che dev'essere rivolto in particolare a noi stessi, a quanti nel Mezzogiorno si danno pena dei problemi dello sviluppo economico e della trasformazione civile di una società che non è più quella dei tempi di Salvemini e di Dorso, ma non è ancora quella che alcuni di noi, dopo la guerra e agli inizi della politica meridionalista, ci auguravamo potesse diventare. Le infrastrtlt ture. Affrontiamo dunque questi discorsi e cominciamo da quello sulle infrastrutture. Nel Progetto '80 si legge ( § 118) che è necessario « concentrare l'impegno nelle infrastrutture direttamente legate allo sviluppo >>: si deve intendere, io credo, le infrastrt1tture specifiche delle aree e nuclei industriali. 9 Bibliotecaginobianco
Francesco Compagna Ora, mi sembra che, a proposito di infrastrutture specifiche, debba essere approfondita l'ipotesi di predisporre nelle zone più idonee vere e proprie aree attrezzate, per l'insediamento di piccole e medie imprese. Mi riferisco all'esperienza inglese, della quale ci sono del resto anche i presupposti nella legisl~zio11e vigente: ai tratti di terreno specializzato per l'installazione di impianti industriali e dotato di immobili da concedere in fitto alle azier1de, nonché di attrezzature specifiche al servizio degli utenti dell'area. E rinvio, per una migliore informazione su questa proposta, all'articolo di Antonio Rao nel numero di maggio di « Nord e Sud ». Ma, se è valido l'impegno per le cosiddette i11frastrutture specifiche, è a11che necessario qualificare in termini meridionalistici la politica delle infrastrutture primarie nel suo complesso. Opportunamente· l'o.d.g. votato dalla Camera affermava che la ripartizione della spesa pubblica per le infrastrutture civili e sociali risulta ancora influenzata a favore delle regioni più ricche del Nord: proprio come Petriccione aveva dimostrato nel convegno di Napoli, organizzato dal PSI nel 1965. E pertanto l'o.d.g. impegnava il Governo a non favorire la realizzazione nel Nord di nuove opere pubbliche che avessero l'effetto di aggravare la concentrazione di attività produttive in zone già densamente industrializzate e di consolidata piena occupazione delle forze di lavoro. Ecco: il discorso sulle infrastruttt1re non si esat1risce nella rivendicazione di quelle che si vogliono realizzare nel Mezzogiorno (e fra le quali comunque non si possono ulteriormente trasct1rare ferrovie, porti, aeroporti, né, come vedremo meglio fra poco, quei complessi di infrastr11ttl1re che insieme costitt1iscono un capitolo del discorso sulle infrastrutture ed un capitolo del discorso sui quadri: università e centri di ricerca). Il discorso meridionalistico sulla politica delle infrastrt1tture è anche ed ormai è anzitutto un discorso sul punto di equilibrio che de·v'essere trovato fra realizzazione delle infrastrutture di accompagnamento dello sviluppo del Nord e realizzazione delle infrastrutture di trascinamento dello sviluppo del Sud. . Perché, oltretutto, se, realizzando le prime più celermente o più intensamente delle seconde, come è avvenuto nel passato, noi creassimo sempre nuove convenienze di localizzazione industriale al Nord, quanto meno ne risulterebbero indebolite le nuove convenienze di localizzare al Sud nuove iniziative indt1striali: quelle nuove convenienze che ci siamo sforzati e ci sforziamo di creare per occupare nel Mezzogiorno le forze di la,,oro del Mezzogiorno. 10 Bibliotecaginobianco
.. / La concezione nieridionalista dello sviluppo italiano Perché, oltrett1tto, se si dovesse ritenere sempre che l'ammodernamento di una direttissima fra Roma e Firenze debba avere la precedenza Sl1ll'ammodernamento, diciamo della BeneventoFoggia e della Bari-Lecce, Napoli, lasciatelo dire a me che sono napoletano, si avvicinerebbe sì a Milano, ma Foggia e Lecce, il Mezzogiorno in generale, rimarrebbero troppo lontane non solo da Milano, ma anche da Napoli e da Roma. Perché, oltretutto, con autostrade e idrovie, noi rischiamo di conferire ai problen1i di correzione della saturazione ambientale nelle regioni già industrializzate un grado di priorità rispetto ai problemi della ulteriore promozione e maturazione ambientale nelle regioni industrializzabili, quando è proprio dalla saturazione ambientale delle prime che derivano le occasioni di i11dustrializzazione delle seconde. Stiamo attenti, insomma, a non rovesciare i criteri di una programmazione le cui priorità si vorrebbero graduate secondo la concezione meridionalista dello sviluppo italiano. Ma intanto alla necessità di trovare il punto di equilibrio di cui dicevo, tra infrastrutture di accompagnamento dello sviluppo del Nord e di trascinamento dello sviluppo del Sud, non si dà risalto preciso nel Progetto '80. Si tratta di una lacuna, o addirittura di una reticenza, che dev'essere corretta, soprattutto in sede operativa della programmazione. I quadri. D'altra parte, che le infrastrutture siano una condizione necessaria e non sufficiente dell'industrializzazione, lo sappiamo benissimo. Ci sono altre questioni che condizionano i risultati della politica meridionalista; e, fra queste, la questione dei quadri dell'industrializzazione e dei quadri della politica meridionalista, una questione sulla quale i meridionalisti napoletani e quelli pugliesi hanno più volte richiamato l'attenzione delle forze politiche responsabili. Guido Dorso diceva che la formazione di una nuova classe dirigente è uno dei più impenetrabili misteri della storia. Ebbene, per quanto difficile, noi dobbiamo cercare di penetrare questo mistero. E possiamo partire dalla constatazione che due sono gli aspetti della questione dei quadri, l'aspetto culturale e quello politico, e che la concezione meridionalista dello sviluppo italiano non può prescindere dall'esigenza di accendere lumi nel Mezzogiorno e sul Mezzogiorno. 11 Bibliotecaginobianco
Francesco Compagna Ma questo significa affrontare, da 11n lato, il problema della reale distribuzione territoriale· in Italia, in tutta l'Italia, delle sedi universitarie, vecchie e nuove, e il problema della localizzazione dei nuovi centri di ricerca scientifica; e significa, dall'altro lato, affrontare impietosamente il problema del reclutal!lento dei quadri politici, del modo di amministrare nel Mezzogiorno, del tradizio• nale malgoverno meridionale. Cerchiamo dunque di precisare i contorni dell'aspetto culturale e dell'aspetto politico della questione dei quadri dell'industrializzazione e della politica meridionalista. L'aspetto culturale: l'o.d.g. della Camera dei deputati impegnava il governo « ad attribuire effettiva priorità a livello nazionale alla creazione di istituti universitari e centri di ricerca nel Mez- . zog1orno ». Ora, per quanto riguarda le sedi universitarie, voi ricorderete che il problema della loro distribuzione territoriale fu posto da Pasquale Saraceno alla già ricordata tavola roto11da di Bari. Saraceno aveva allora rilevato l'esigenza di « nuove facoltà decentrate rispetto alle sedi tradizionali delle grandi università meridionali »; e aveva auspicato « un intervento straordinario anche nei riguardi delle università meridionali ». L'o.d.g. della Camera si ricollegava implicitamente alla relazione di Saraceno; e un'eco se ne raccoglie anche nel Progetto '80, · là dove ( § 121) si legge che, « nell'ambito dei programmi di formazione culturale, dovrà essere data priorità alle iniziative (ce·ntri universitari, centri di ricerca, centri di diffusione della cultura) colloca te nelle regioni meridionali », e in particolare alla creazione di università nelle regioni « che ne rist1ltano oggi assol11tamente . prive ». Tavola rotonda di Bari, o.d.g. della Camera, Progetto '80! Ma intanto sentiamo quasi ogni giorno di proposte e di iniziative dirette a creare nuove sedi universitarie nel Nord: così abbiamo letto che sono 5 le città del Piemonte che chiedono facoltà 11niversitarie, mentre la tanto discussa università calabrese segna il passo; mentre nel Mezzogiorno si creano qua e là facoltà deboli e disperse; mentre l'auspicato intervento straordinario anche nei riguardi delle università meridionali non è stato ancora predisposto e nemmeno adeguatamente studiato nelle sue implicazioni tecniche e finanziarie; mentre, per quanto riguarda l'intervento ordinario, pare che gli 82 miliardi destinati dalla legge per il finanziamento dell'edilizia scolastica ali' edilizia universitaria siano stati ripartiti fra le varie 12 Bibiiotecaginobianco
.. La concezione meridionalisia dello sviluppo italiano sedi secondo il consueto criterio di un inventario delle richieste e della suddivisione dei fondi disponibili fra i richiede11ti in misura più o meno proporzionale all'ammontare delle richieste e alla capacità di pressione politica che si accompagna ad ogni singola richiesta e che ovviamente quando accompagna una richiesta che viene dal Nord è maggiore di quanto non lo sia quando accompagna una richiesta che viene dal Sud e che di solito è meno documentata e studiata di quelle· formulate da Università settentrionali. · Ora c'è una priorità per l'università calabrese che si dovrebbe rispettare e c'è l'esigenza di creare una sede universitaria in Basilicata. Ma c'è anche l'esigenza di ristrutturare il sistema universitario della Campania e di ristrutturare qt1ello della Puglia; di qualificare quelli della Sicilia e della Sardegna; e c'è infine l'esigenza di dare un senso e un ordine alla confusa nebulosa di facoltà abruzzesi che si è formata in questi anni. In altri termini, non c'è soltanto il problema delle regioni senza università, ma anche quello delle regioni con sedi universitarie ipertrofiche e delle situazioni dove alla carenza dell'impegno dei poteri centrali si è supplito con le soluzioni parziali promosse dagli enti locali interessati. Per chi comunque volesse approfondire tali problemi, mi permetto segnalare il documentato articolo di Ernesto Mazzetti che abbiamo pubblicato nel numero di giugno di « Nord e Sud »; e di segnalare altresì l'articolo pubblicato dal Bollettino del Censis dove opportunamente si rileva tra l'altro che l'università meridionale finora « ha saputo trovare il suo rapporto con la società meridionale solo a livello di arretratezza »: perciò essa deve ora « darsi carico di ripensare il destino professionale dei propri laureati »; di « reinterpretare le tradizionali figure professionali »; di « cogliere gli e1ementi di novità » che anche nella società meridionale emergono e quindi « di indi,,iduare le nuove figure professionali ». E anche il Censis ha sottolineato la necessità di impegnare d.irettamente gli strumenti dell'intervento straordinario verso la promozione ed il rafforzamento del sistema universitario nel Mezzogiorno, visto potenzialmente come « l'infrastruttura civile più decisiva per la modernizzazione e l'innalzamento dei quadri meridionali ». Infrastruttura: ecco, questa delle sedi universitarie, come accennavo, è una questione che per certi aspetti rientra pure in quella più generale della politica delle infrastrutture. E quindi vale ançhe a proposito delle sedi universitarie l'esigenza di trovare il giusto punto d'equilibrio fra la realizzazione delle università di accampa13 . Bibliotecaginobianco
Francesco Compagna gnamento dello sviluppo del Nord e quella delle università di trascinamento dello sviluppo del Sud. Non meno importante di quello delle sedi t1niversitarie è d'altra parte il problema della distribuzione territoriale dei centri di ricerca scientifica. La localizzazione nel Mezzogiorno della: gran ·parte dei centri di ricerca scientifica c11e dobbiamo creare in questi prossimi anni potrebbe aprire una via nuova, una scorciatoia, all'industrializzazione del Mezzogiorno.- E perciò abbiamo da tempo insistito sulla necessità di passare rapidamente dal primiti·vo rapporto di localizzazione, onde i ce11tri di ricerca scientifica sono richiamati dalla vicinanza all'i11dustria, e qt1indi dall'industria del Nord, ad un rapporto più maturo, onde siano i centri di ricerca scientifica a richiamare l'industria, e quindi a richiarnarla 11el SL1d. Ma dobbiamo qui prendere atto che siamo ancora 1nolto lontani da un coordinamento fra politica della ricerca scientifica e politica meridionalista; e se a questo coordi11an1er1to non si dovesse pervenire al più presto, rischiere1nmo di perdere un'occasione eccezionale per modificare a favore del Mezzogiorno la logica dei fattori agglomerativi dell'industria che ha sempre giocato a sfavore del Mezzogiorno. Vi ricordo, tra l'altro, che nel co11vegno st1 Mezzogiorno e ricerca scientifica, organizzato in giugno qui a Bari, sono state dette cose decisive a questo proposito, partendo dalla considerazione che nel Mezzogiorno sono ubicati solo 16 dei 210 istituti di ricerca nazionali e che il CNR ha stanziato per il Mezzogiorno solo 7,5 miliardi dei 43 stanziati nel '68. Si tenga conto pure del fatto che le poche grandi fabbriche operanti nel Mezzogiorno dipendono per la ricerca applicata dalle aziende madri che operano nel Nord. Naturalmente, se è vero che si devono e si possono insediare nel Mezzogiorno le nuove attività di ricerca scientifica, e anche vero che questo non è possibile comt1nque e dovunque. Si devono attrezzare aree della ricerca scientifica, come le aree industriali: aree della ricerca scientifica situate a valle di accoglienti realtà urbane o di insediamenti turistici molto qualificati, onde il gradimento della residenza sia tale da compensare sia i quadri che le loro famiglie di tutte le incognite ancora connesse ai trasferimenti dalle grandi città padane e dalla capitale. Si pensi agli esempi, non diciamo californiani, ma francesi, a Gre11oble ed alla Provenza. Chiediamo pertanto che abbia lt1ogo al pit.1 presto una conferenza· per discutere quale politica della ricerca scientifica sarebbe 14 Bibiiotecaginobianco
La concezione meridionalista dello sviluppo italiano conforme in tutti i suoi aspetti alla concezione meridionalista dello sviluppo italiano. A questa co11ferenza, imperniata sulla partecipazione del CNR e della Cassa, dovrebbero essere invitate anche le grandi industrie pubbliche e private che già sono state sollecitate ad impegnarsi come interlocutori della contrattazio11e programmata. Chiediamo altresì che in sede di governo si prenda in considerazione la possibilità e la necessità di predisporre quell'intervento straordinario per l'università meridionale di ct1i parlava Sarace110 nella sua relazione di marzo. Credo che la questione dei quadri debba essere i1npostata anche se non soprattutto ai livelli superiori: a livello dell'Università che, come dice il Censis, è la potenziale infrastruttt1ra moltiplicatrice di ogni attività formativa; e che, come dice Saraceno, abbiamo colpevolmente trasct1rato tutte le volte che ci siamo posti e riproposti il problema dei settori dell'intervento straordinario. Per quanto riguarda l'aspetto culturale del problema dei quadri, dev'essere portato risolutamente avanti, quindi, sia il discorso sul coordinamento fra politica della ricerca scientifica e politica meridionalista, sia il discorso sull'i11tervento straordinario e prioritario per dotare il Mezzogiorno di una rete più fitta e più regolare di istituzioni universitarie. In pari tempo, però, la questione dei quadri dev'essere impostata, come dicevamo, anche sul piano politico. Alla Camera ebbi occasione di rile,,are che la pregiudiziale condizione di efficacia degli strumenti predisposti per lo sviluppo del Mezzogiorno consiste in una « politica degli uomini giusti ai posti giusti » e che troppe volte le pratiche di sottogoverno, reclutando presidenti e direttori nel sottobosco politico-elettorale, hanno corroso gli strumenti di volta in volta predisposti per dare nuovo slancio alla politica meridionalista. Leggo ora che l'ing. Marcello Rodinò, inviato come commissario all'ESPI, ha rilasciato da Palermo dichiarazioni sulla necessità di trovare gli uomini giusti per i posti giusti e di evitare che i partiti degradino con le loro designazioni, spesso non appropriate, funzioni che sono state ,concepite per promuovere lo sviluppo eco·nomico e civile. L'ing. Rodinò non è certo sospettabile di nutrire un pregiudizio sfavorevole verso i •comportamenti tradizionali del « notabilato » meridionale, e quindi è quanto mai significativa la coincidenza delle sue preoccupazioni con le mie. Dal canto suo, R.ossi Doria, in un articolo pubblicato su « l'Avanti! » nei giorni di Battipaglia aveva giustamente osservato che continua e dilaga nel Mezzogiorno il malgoverno locale, mani15 Bibiiotecaginobianco
Francesco Conipagna festandosi nella degenerazione in senso clientelare di tutti i rapporti che si formano sul terreno del collocamento, della previdenza sociale, dell'azione sindacale, per non parlare degli enti locali. È comprensibile quindi l'insoddisfazione che ci coglie quando consideriamo i sistemi di reclutamento e selezione degli stati maggiori della politica meridionalista e la qualità dì tali stati maggiori e dei loro distaccamenti locali. E tuttavia, c'è forse qualcosa che comincia a muoversi. Ci sono oggi qua e là nel Mezzogiorno uomini nuovi, che si profilano come un'alternativa rispetto al tradizionale « notabilato ». Li abbiamo incontrati anche alla Camera taluni di questi uomini nuovi, deputati eletti per la prima volta nel 1968 fra i democristiani o fra i socialisti, capaci di contribuire con documentati interventi ad una discussione come quella dell'aprile scorso e comunque assai diversi, e migliori, rispetto a coloro che li hanno preceduti, e a tanti che ancora li accompagnano, vecchi elefanti e vecchi camaleonti del trasformismo e del clientelismo meridio11ali. E uomini nuovi sono entrati nel Consiglio di amministrazione della Cassa e negli organismi collaterali alla Cassa, onde una situazione migliorata rispetto a quella che io stesso denunciavo su « Nord e Sud » nel dicembre del 1965 con un articolo (Nuovi dati e nuovi quadri della politica meridionalista) che tante polemiche ebbe a suscitare. Uomini nuovi si cominciano a ·far valere qua e là anche nei consorzi per le aree industriali, nei CRPE, in ambienti dove si formano o si attuano le decisioni relative alla politica meridionalista. E ho l'impressione che anche i nuovi imprenditori, almeno in certe zone del Mezzogiorno, siano oggi più numerosi e più capaci di quanto non lo fossero ieri, e comunque più. numerosi e più capaci di quanto 110n ritengano tutti coloro che lamentano se1nplicisticamente la perdurante carenza di spirito imprenditoriale nel Mez- • zog1orno. Pochi o molti che siano questi uomini nuovi - e sempre che essi riescano a rimanere fedeli a se stessi, senza decadere nelle pratiche del clientelismo e del trasformismo - è su di essi che si deve puntare, indipendentemente dalle esigenze dei partiti di accumulare e ripartirsi presidenze e vice-presidenze: è su di essi che si deve puntare per un rinnovamento in estensione e in profondità degli stati maggiori della politica meridionalista. Specialmente in vista dell'attuazione delle regioni. . Pochi o molti che siano gli t1omini nuovi, dicevo. Ma per quar1ti essi siano non sono mai tanti da indurci a considerare non più 16 Bibiiotecaginobianco
,, La concezione n1eridionalista dello sviluppo italiano attuale la considerazione che il vincolo principale cui è sottoposta la politica 1neridionalista è quello rappresentato dalla risorsa più scarsa e quindi proprio dalla penuria di quadri efficienti e in particolare di personale specializzato in attività di coordinamento, di promozione, di 11egoziazione, di valt1tazione delle informazioni, di organizzazione della partecipazione. In altri termini: di organizzatori creativi. È difficile assicurare un carattere imprenditoriale all'intervento pubblico quando non si dispone in misura adeguata di qt1esto tipo di uomini: i qt1ali, a differenza degli ingegneri, dei contabili, degli espeTti di problemi giuridici attinenti all'amministrazione, degli stessi esperti della pianificazione urbanistica e della programmazione economica, no11 sono necessariamente un prodotto dell'università e nemmeno dei corsi di specializzazione. Si formano grazie a circostanze individuali e sociali non classificabili, né facilmente accertabili. Qui forse ritroviamo, più che in ogni altro aspetto del problen1a della classe dirigente, il mistero della storia di cui parlava Dorso. Comunque sia, dove gli organizzatori creativi sono pochi, essi tendono a restare pochi, nel senso che la loro offerta nel breve e medio periodo è relati, 1amente rigida. Il proble1na è perciò quello di una loro utilizzazione ottimale; una utilizzazione, cioè, che assicuri una soluzione di equilibrio tra l'esigenza del migliore impiego di questo tipo di personale nel breve periodo e quella del suo accrescimento quantitativo e qualitativo nel periodo lt1ngo. D'altra parte, è anche vero che, come accennavo, la stessa esperienza dei consorzi industriali e dei CRPE ha consentito in qualche caso il recupero di tecnici meridionali emigrati dal Mezzogiorno o la maturazione di quelli che non erano ancora partiti; e comun·que la formazione di un personale capace di destreggiarsi fra i potenti vicini e lontani, fra consorterie locali e bt1rocrazie romane, capace, insomma, di con1prendere meglio dell'esperto di un centro-studi la natura politica di tutte le cosiddette decisioni tecniche. Si è formato forse un nt1cleo di classe dirigente che si potrebbe irrobustire, increme11tando i recuperi e intercettando le partenze, riconoscendo, responsabilizzando, valorizzando quelli che abbiamo chiamato gli organizzatori creativi, aggiornando le strutture dell'intervento pubblico ai fini di una redistribuzio11e o quanto meno· precisazione delle funzioni il cui coordinamento risulta necessario per il raggiungimento degli obiettivi prescelti. 17 - Bibiiotecaginobianco
Francesco Compagna Gli strumenti. In questo senso il discorso sui quadri si intreccia con quello sugli strumenti, ma è il prirno che condiziona in gran parte il secondo. Non dovremmo comunque sottovalutare due fondamentali esigenze, per quanto riguarda gli strume11ti della politica meridionalista. La prima riguarda la Cassa: a proposito della quale si legge nel Progetto '80 che l'aspetto principale del suo riordinamento riguarda la sua specializzazione nell'attrezzatura dei nuovi sistemi urbani, mentre le altre attività infrastrutturali dovrebbero essere progressiva1nente ricondotte alla competenza dell'ammi11istrazione ordinaria, nella misura in cui si riesce a modernizzarla seco11do le linee proposte dallo stesso Progetto '80, o dovranno essere attribuite alle competenze delle amministrazioni regionali. Ma, qua11do si propone di trasformare la Cassa in una agenzia specializzata, noi diciamo che la formula proposta è insidiosa nella misura in cui potrebbe portare allo svuotamento o quanto meno al ridimensionamento della Cassa. Noi no11 vogliamo lo svuotamento nemmeno parziale della Cassa, ma l'aggiornamento ed il potenziamento della Cassa. Certo, la Cassa non deve ridursi ad organo di erogazione. Di qui la necessità di riconoscere quali attività sono effettivamente strategiche ai fi11i della politica meridionalista (l'attrezzatura dei nuovi sistemi urbani di cui parla il Progetto '80 lo è, e lo è anche l'intervento straordinario per le università cui prima ho dedicato un brano di questa relazione, come lo sono la sistemazione del suolo e l'irrigazione). Queste attività strategiche devono essere di competenza della Cassa, le altre dell'amministrazione ordinaria; anche se attualmente sono di competenza della Cassa perché erano strategiche nella pri1na fase dell'intervento straordinario. È venuto perciò il momento di aggiornare la Cassa, di renderla più idonea a funzionare come organo di invenzione e non solo di esecuzione ed erogazione; di farne il cervello e non solo il braccio dell'inter,rento straordinario; di collegarla efficacemente agli organi della programmazione, onde non abbia la sua funzio·ne a declinare, né sul piano di una limitata specializzazio11e settoriale, né sul piano dell'amministrazione ordinaria di un intervento solo formalmente straordinario. La Cassa costituisce un deposito di esperienze e vanta beneme18 Bibliotecaginobianco
. ' La concezione meridionalista dello sviluppo italiano renze passate che costituiscono validi punti di riferimento per l'azione futura. È nostro dovere valorizzare le prime, arricchire le seconde. Sarebbe nostra colpa disperdere le prime, prescindere dalle seconde. C'è poi la seconda esigenza che ritengo di dover segnalare dopo quella relativa alla Cassa: riguarda i CRPE, a proposito dei quali il gruppo dei meridio11alisti pugliesi l1a di recente denunciato una grave « carenza di strutture tecniche »: alla quale si deve rimediare tempestivamente per evitare che difficoltà funzionali ed operative rendano ancora pii1 grave di quanto già non sia la condizione dei CRPE del Mezzogiorno, che, a differenza di quelli del Nord, « s0110 costretti ad operare in ambienti poveri di organ.ismi di studio e con enti locali finanziariamente dissestati ». Noi richiamiamo l'attenzione del Ministro su questo problema; e, anzi, ci permettiamo di suggerirgli una rapida inchiesta sulle condizioni finanziarie, tecniche e magari anche politiche nelle quali opera il CRPE in ogni singola regione del Mezzogiorno: onde, di concerto co11 il Ministero del Bilancio, si possano poi prendere le misure necessarie per correggere un gap che ci deve preoccupare. La politica dei redditi. Chiariti i termini di un discorso sulle infrastrutture e di u11 discorso sui quadri, i due discorsi fermi che i rneridionalisti devono portare avanti sempre più risolutamente, c'è u11 altro discorso che i meridionalisti devono portare avanti ed e t1n discorso che si rivolge alle forze politiche e sindacali. - Pare che le spese derivanti dai migliorame11ti concessi agli statali ammontino ad una cifra annua di circa 800 miliardi. È stata fatta, qt1indi, la considerazione che le riserve finanziarie sulle quali l'anno scorso si poteva contare per dilatare le spese senza provocare effetti inflazionistici sono in gran parte consumate. E ci si domanda ora fino a che pt1nto sia oggi possibile andare incontro alle rivendicazioni operaie che sono già oggetto di tormentate trattative. Le categorie impiegatizie so-no scattate per prime; o, meglio, nella primavera scorsa sono scattati, e con molta durezza, i funzionari degli alti gradi ed hanno ottenuto aumenti di retribuzione tali da provocare l'agitazione di tutte le categorie sottostanti: alle quali per equità si sono dovuti concedere at1menti di retribuzione più o meno proporzionali. Come si può chiedere adesso ai sindacati di imporre la 1node19 . Bi bliotecaginobianco
Francesco Compagna razione alle richieste degli operai chimici o metalmeccanici, non solo in presenza di un fe11omeno come quello dell'esodo dei capitali, ma anche dopo che da parte della DIRSTAT, per esempio, si è manifestato un atteggiamento tutt'altro che di moderazione? Si spera che nuovi aumenti di produttività diano luogo a riserve grazie alle quali si possa far fronte senza ·troppi rischi alle esigenze deri,,anti dal rinnovo dei contratti. Non è detto che questo non sia possibile. Anzi, ci sono buoni segni per quanto riguarda l'aumento della produttività industriale; meno buor1i, se mai, sono i segni di un aumento dell'occupazione industriale proporzionale all'aL1mento della produttività. Ma fino a che p11nto questa speranza nelle riserve che grazie alla produttività dovrebbero formarsi è una variante tecnocratica della tradizionale invocazione rivolta al tradizionale stellone? E se inta11to i capitali continuano ad emigrare? E comunque con quali riserve si pensa di poter far fronte anche all'esigenza di promuovere nel Mezzogiorno gli investimenti che si vogliono e devono promuovere? Che cosa resterebbe insomma per il Mezzogiorno, per i disocc11pati del Mezzogiorno? Francesco Forte, che no11 è un economista del quale si possa dire che è affittato o affittabile dalla Confindustria, approdava recentemente ad una con.cl11sione che lui stesso definiva « malinconica »: è mancata finora una politica sociale dei redditi, intesa come politica di comn1isurazione degli aumenti retributivi per le varie categorie alle possibilità globali del paese. E La Malfa ha ragione quando dalla considerazione « malinconica » di Forte deduce che, nel caotico e rissoso accavallarsi delle rivendicazioni e delle trattative, capita spesso che coloro i quali più producono meno sono remunerati in quanto si accolla ad essi (lavoratori del settore privato specialmente) il costo crescente di situazioni improduttive o addirittura parassitarie ( del settore pubblico special1nente); e capita che rivendicazioni di coloro che hanno di meno sono subordinate a quelle di coloro che già hanno di più, e che sono più organizzati e meglio organizzabili dal punto di vista sindacale. Si potrebbe ritenere, quindi, di essere in presenza del rischio che i sindacati di oggi ripetano, mutatis mutandis, atteggiamenti dei sindacati di ieri, dei tempi di Salvemini, di quando Salvemini denunciava riformisti e sindacalisti di s11bordinare agli interessi dei. loro iscritti meglio organizzati e meglio organizzabili gli interessi vitali dei « cafoni »? 20 Bibiiotecaginobianco
La concezione meridionalista dello sviluppo italiano Ma i sindacati di oggi sono ben altrimenti maturi, per quanto riguarda la presa di coscienza dei problemi di svilt1ppo del paese, di quanto non lo fossero quei sindacati i cui comportamenti suscitavano la polemica salveminiana. Noi riteniamo perciò che i termini delle scelte possibili in sede di programmazione debbano essere sottoposti alla verifica dei sindacati, al giudizio dei sindacati, in modo che i sindacati, quando fossero in grado di influire liberamente sulle scelte della programmazione, possano impegnarsi più coerentemente e più autorevolmente per portare avanti le soluzioni conformi alle esigenze dei più deboli e in particolare all'esigenza di dare lavoro ai disoccupati, senza essere costretti a farsi rimorchiare e senza temere di essere ·scavalcati da rivendicazioni di categorie già soddisfacentemente retribuite e comunque privilegiate rispetto alla condizione dei nostri disoccupati. Naturalmente c'è chi intende il discorso sulla politica dei redditi in termi11i di blocco dei salari. Ma per noi il discorso sulla politica dei redditi è il discorso salveminiano aggiornato ai tempi e alle esigenze della programmazione, è la versione moderna del discorso sulla priorità che si deve attrib11ire al problema del posto di lavoro per il disoccupato, è l'introduzione d~lla quale non si può prescindere al discorso sulla priorità meridionalista e sulla concezione meridionalista dello sviluppo italia110. In altri termini: se i governi si potessero uniformare regolarmente all'esigenza di far valere nella programmazione una co-ncezione meridionalista dello sviluppo italiano, questo sarebbe anche un richiamo ed uno stimolo per i sindacati, un impegno addirittura a non intraprendere azioni che possano contraddire a questa concezione, e che potrebbero tradursi in un fattore di freno dello sviluppo delle regioni del paese dove si concentrano la disoccupazione e la sottoccupazione. Si tratta, però, di accertare pregiudizialmente se il problema della disoccupazione e sottoccupazione è un problema di insufficienza della domanda aggregata o un problema di insufficienza della capacità produttiva. La 11ostra disoccupazione è strutturale: è quindi la creazione di u11 più ampio, più solido, più differenziato apparato industriale che può fornire le occasioni di una sua progressiva eliminazione. Questo significa che dobbiamo ricavare dal sistema economico le risorse necessarie per un'adeguata accumulazione del capitale; ma l'accumulazione del capitale costituisce un impiego alternativo ri21 Bibiiotecaginobianco
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