Giornale a più voci ~ che quello era eco,nom1c1smo, intendendo con ciò mettere rin risalto l'assenza di una volontà collettiva in grado di porre in es'Sere tale strategia senza esporla a involuzione e a recuperi conservatori. Tuttavia, pur nell'inevitabile insufficienza di analisi a livello del-le forze storiche, c'era molto di vero nelle proposte ·della sinistra la~ca quando si metteva l'accento sulla necessità che la richiesta di potere da parte ,di nuove forze sociali non dovesse acco1 mpagnarsi a ·toni ,populisti in cui mdifferenziate richieste demo 1craticiste prescindessero dall,a p 1rosipettiva dello sviluppo globale .. In tal modo, un perno· della stessa « teoria dello stato di transizione » veniva a mancaire: lo stesso Gramsci dopo l'ooOUlpazione delle faibb1 riche torinesi cercò di dimostrare che i livelli produttivi della Fiat non erano calati in quello spazio, di tempo, inten·dendo così fair valere l'esigenza che ogni richiesta di partecipazione democratica dovesse inserirsi in una fase di trapasso da momenti di minore a momenti di maggioire e superio 1re efficienza. Il che è un d~scorso diver,so da,l mito efficientis,ta di saipoTe neocapitalistico ed è anzi un problema delle stesse società orientali, alla ricerca di un punto di equilibrio fra generali p,ro.spettive macroeconomiche ed efficienza mioroeconomica, mentre imperversano serrate burocratiche e cariri armati del « partito guida». Fra teoria dello sv1luppo globale, efficienza e richieste di ,democrazia diretta, vi sono passaggi non elimi,nabili che conducono ad un coerente « modello» delle istituzioni nella consapevolezza dei problemi del « po,tere », delle sue degenerazioni e di una partecipazion,e configurata in termini di società aperta; senza di esso e ,senza una volontà collettiva che lo po1 nga in essere, si assisterà all'i,nefficienza al posto dello sviluppo e alla notte ,d·elburocratis·mo sul mito deHa « partecipazione». Le « gairanzi,e della libertà » non si ma,nifes,tano tanto nelle Lstituzioni « separate», quanto in una soci,età che ·esprima le forze disposte a coindurre certe battaglie. In questo senso sono nel vero Occhetto e Ingrao quando rico11daino·di finalizzare il rinnovainento degli istituti alla crescita delle masse e registrano l'·esistenna di « corpi separati», cioè del famoso distacco fra società civi,le e società politica; ma la loro analisi è ancora insufficiente quando si esemplifica il problema sulla « vitalizzazio,ne » degli istituti esistenti; il che può essere un modo di rivive~e la problematica leninista sull'utiJizzazione della democrazia parlamentare, in cui ci si contrappone alla strategia rinunci·atariia della « litmga maricia attraveriso le i1s.tituzioni », ma si trascura la predisposizione e l'elabo,razione di ffilovi model,li delle isit1tuzioni. In altri termini, la formula politica che una parte del PCI propone è oscura sull'articolazione del potere, non essendo sufficiente l'esi,genza della p1artecipazion.e perché al di là di essa si ri1 propone l'esigenza di ripensare giuridicamente la democrazia integrale. Non si può rimandare a domani quello che si p1 uò cominci1are a faire fin da oggi: la democrazia integwale non può sorgere senza una cornice p,recisa adatta a con,brobilanciare i fenomeni di eterodirezione tipici della società contemporanea. Pen1 sare in1 sieme la libertà economica e la libertà politica è la più profonda esigenza laica che ci proviene dal tono immanent,istico d,el mondo, mo79 Bibiiotecaginobianco
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