Maria Pendinelli non sono 1 stati raggjunti. Anzi, tutti - tecnici, politici, studiosi - sono o•rmai d'accordo 1 nel ritenere che, in questi cinque anni, le distanze tra le regio,ni del Nord e quelle del Sud del paese sono aumentate, così come si è aggravato il divario tra la città e la campagna, tra l'agricoltura e gli altri settori produttivi. Ma i risultati, fino ad oggi del1 udenti, della politica di piano no,n assolvono i sindacati dalla pesante respo 1 nsabilità cl1e essi si sono assunti nel momento in cui hanno ,deci 1so, di estraniarsi da tale politica. Prima di tutto perché è -lecito· chiedersi fino a che punto la politica di program.mazione avrebbe segnato il passo se avesse ricevuto il sostegno dei sindacati e, quindi, l'apporto - naturalmente « negoziato » col potere politico - di milioni di laNoratori. E poi perché il « piano » è anche, e forse soprattutto, un metodo per affrontare i problemi in modo concreto. Dire di sì a tutto e a tutti è faoile, ma significa no1 n fare i conti co1 n le risorse del paese e quindi non risolvere alcun problema. La politica di p•rogrammazione, d'altro canto, è l'unico 1st1rumento concreto che si offre ai sindacati per parteci,pare alle scelte della politica economica e quin,di per avere un effet,tivo controllo sui prezzi impedendo, almeno entro certi lim.iti, che l'au1nento dei salari, co,nquistato magari dopo dure lotte, venga interamente assorbito da u11 incontrollato aumento del cos,to della vi,ta. I ·sindacati devono concentrare la loro azione esclusivamente sull'aumento dei salari o non si devono occupare anche dell'avanzamento della società civile e quindi di quei p,roblemi che, come la scuola o la giustizia, interessano d,irettamente i lavoratori, quanto e forse pit1 di un aumento salariale, che di per -sé dice poco se non è accompagnato da un contenimento del costo della vita? Fino ad oggi i sin·dacati sono rimasti estranei a questo tipo di problematica. La loro struttura è diventata sempre più verticistica e buro,cratica. I dirigenti, sempre meno legati direttamente alle masse dei lavoratori, sono spesso divenuti portatori di interessi contrastanti con quelli del movimento sindacale. Fino a qualche anno fa le centrali sindacali italiane sem,bravano dominate da apparati p·rivi di enerigia intellettuale, corrosi dalla stanchezza e logorati dalla lunga gestione del potere. Improvvisamente, p-erò, la situazione si è messa in 1novi,mento. E ciò è avvenuto proprio nel momento in cui tutte le organizzazioni di massa, e i p·artiti in primo luogo, subivano una crisi di « parte~ipazione » e di « credibilità » (due parole di moda che stanno ad indicare che 1a gente « non ci crede » e « non parteci,pa ») senza precedenti. La « base» dei sindacati (i semplici iscritti), sensibilizzata ed « eccitata» da una piccola minoranza di dirigenti sindacali, ha cominciato a muoversi, reclamando la totale in,dipendenza dei sindacati dai partiti e quindi, come garanzia di ciò, l'incompatibilità tra cariche sindacali e mandato parlamentare e incarichi nei partiti. Questo discorso, con la scomunica che implica del « sindacato ideologico», ha spianato la strada alle prospettive di una riunificazione delle tre grandi centrali sindacali del paese (la CISL, la 68 Bibiiotecaginobianco
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