Nord e Sud - anno XVI - n. 116-117 - ago.-set. 1969

/ Giornale a più voci dialettica interna ed il dibattito tra i du,e grup 1 pi co1 ntrapposti ha assunto toni di particolare asprezza. Le cause di questa tensioine - come ,del resto gli stessi mo1 tivi che sono alla radice del dibattito che impegna attualmente il movimento, sindacale -, vanno ricercate nella storia delle organizzazioni dei lavoratori italiani. Una storia che marcia su binari paralleli rispetto a queLla dei 'partiti politici e che vede i sindacati, dal 1948 in poi, impegnati più nelle « crociate ideologiche» che nell'analisi dei pro.blemi della società. Non c'è, in un'Italia che esce da una dittatura ventennale, una « tradizione» sin1dacale autono,ma. Manca anche, ed è naturale, una visione « pluralistica » del ·potere: esso, si riassume e si concentra nei partiti politici. I sindacati, p·er « contare » devono appo,ggiarsi ai partiti, delegando ad essi la « mediazione » tra i lavoratori e 101 Stato. I capi dei sindacati militano nei partiti e, attraverso questi, conquistano un seggio a Montecitorio· oi a Palazzo Madama, allo scopo - così dico,no - di rap 1 presentare in Parlamento i lavoratori. In realtà, ed i·n b1 revi,ssimo tempo, i partiti ri:ducono, i sindacati al ruolo di organizzazioni « collaterali», trascinandoili nelle loro dis1 pute e « mobilitandoli » in ogni consultJazione elettorale per accaparrarsi il « voto dei lavoratori ». Nascono così, dopo la breve stagione unitaria, durata dal 1944 al 1948, i sin•dacati « rossi », quelli « bianchi », quelli « rosa ». Essi riflettono purame11te, e se si vuole candidamente, lo schieramento dei partiti politici. E in un paese nel quale anche le squadre di calcio subiscono tentativi di strumentalizzazione politica, nessuno troverà motivo per scandalizzarsene. Naturalm1ente ciò assegna ai sindacati un ruolo di semplici spettatori della ricostruzione d,el paese e del suo successivo sviluppo. A ciò contribuisce, in modo determinante, la stessa natura delle rivendicazioni avanzate dai sinda- / cati. Essi diventano le centrali di tutte le proteste e di tutte le p•retese. Appoggiano tutti i malumori, non esclusi quelli degli imp-iegati super-retribuiti degli Enti previdenziali. Comunque, nell'a loro azione « centrata » sugli aumenti salariali, i sindacati finiscono con l'occuparsi soltanto dei .problemi di chi già ha un lavoro, tras~urando il dramma dei di1 soccupati. E, più in generale, ignorano gli squilib,ri tra una zona e l'altra •del ·paese e le stesse sperequazioni tra le varie catego,rie di lavoratori. L'ultima, •ed in fondo logica, conseguenza di questa concezione, certamen,te inadeguata, del prop,rio ruolo nella società, è stato il rifiuto 1, opposto dai sindacati, alla politica di programmazione economica. Q11esta politica si è espressa attraverso il piano quinquennale per lo sviluppo economico del paese, proposto dal Governo ed approvato dal Parlamento. Oggi quel « 1 piano » sta per sçadere e già si discute del nuovo, del « p,rogetto 80 », come suggestivamente è stato definito. È quindi certamente possibile un bilancio sui primi cinque anni di esp,erienza della politica di program:mazione. Ed è un bilancio purtroppo fallimentare. Gli obiettivi del · piano (superamento degl1i squili,b•ri settoriali e territoriali, adeguamento delle strutture sociali più antiquate - scuola ed Università, amministrazione della giustizia, ospedali, previdenza sociale - alle esigenze di un paese moderno) 67 . Bib.liotecaginobianco

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