Nord e Sud - anno XVI - n. 116-117 - ago.-set. 1969

Giornale a più voci alla kainé tecnologica e così via, non già accusando di partecipare al dibattito, ma di segui·re appunto acriticamente le sue consegne più fragili e passeggie 1 re. E veniamo alla question.e •della letteratura come gioco, ai suoi equivoci per i quali non si può non corndiviidere l'affermazione di Golino seco,ndo, cui « si è ormai i·ncanoren,ita questa asiS1 urida identi,tà di letteratura come gioco e letteratura co·m,e deprecabile vuoto formale». Indubbia1mente, è una « diabolica equazione» di cui l'ava11guardia (e qui deb1 bo dissentire da Golino) non sarebbe ma è la colpevole. Perché sono pienamente d'accordo con lui quando egli prospetta l1 a 1etteratu 1 ra come gioco nel sen·so della « bellissima proposizione» di Auden, cioè che anche la mera esecuzione di un'opera d'arte è di per se ,stessa azio1 ne politica, ricordando ai governanti che i governati sono persone e non membri a111or1imdi i una comunità: e in tal senso non vedo una sostanziale oppo·sizione tra questo concetto ludico dell'arte, di 11na letteratura come libertà e autonomia dell'homo laborans che per essa diventa homo lildens, e quello da me postulato, sincero e libero impegno verso la propria interionità e quindi verso l'indagine e la conoscenza dell'uomo», sep·pure questo linguaggio possa parere a Go,lino retorico e datato. Ma l'orrore per la parola « interiorità» - di cui avverto perfettamente il fastidio che ,può dare per il falso uso ed abuso che se n'è fatto, e che qui no,n intende avere per nulla un'accezione metafisica - non rischia a stia vo1ta di essere conformi 1sticamente datato alla società tecnologica e massificata, che odia ciò di cui proprio è carente, e che vuol tutto, anche l'arte, simile a sé? Comunque ci co1 rre tra il « gioco » di Auden e gl1iinsulsi giochetti (stravecchi, poiché li faceva già Apollir1aire, ma i suoi erano belli, poesia) del.Ja cosiddetta « poesia » visiva, e le afferma2Jioni di Bales.trini e compagni (su « Grammatica », novembre 1964) secondo cui ci occupiamo di letteratura « ·perché siamo licenziosi ... sennò faremmo tu1tte le altre cose che fa la gente seria, e non ,scrive versi» essendo la letteratura destinata a « fruitori inesistenti»; o quell,e di Giuliani (Introduzione _ai Novissimi, 1961) 1secondo cui la poesia - che per Pignotti sembra ridursi a 11n collage di segnali stradali, barattoli di latta, etichette, francobolli, bolli - diventerebbe così addirittura « ,mimesi Ciìi 1tica della schizofrenia universale» (tra l'altro è da ammirare la coerenza tra la gratuità del gioco secondo Balestrini e l'ufficio critico che pur ad esso conferi,rebbe Giuliani); o ancora quelle di Pignotti (in Istruzioni per l'uso degli ultimi modelli di poesia, 1968) secondo cui la poesia, non più gioco ma uno dei vari massmedia, tuttavia con funzione divagante, dovrebbe essere diffusa dagli altoparlanti negli stadi o esposta sui cartelloni p,ubblicitari del,le autostrade. Naturalmente si tratta d·elle loro «poesie» visive et similia, e non di quelle, a ciò poco adatte, di Auden. Ora non è che non si arrivi a com1 prendere il significato polemico ed ideologico dehle succitate affermazioni di Balestrini, Giuliani, Pignotti; ma se l'avanguardia usa di tali formule e reailiz~a giochetti quali le sue poesj·e visive o i romanzi in scatola a fogli intercambiabili, non ci si deve Ja,gnare se se ne fa la col·pevole del gioco come depreoabile vuoto fo1 rmale - dove anche il «formale» è di troppo -, proprio perché i,n ben altre direzioni v·a 65 .. Bi·bilotecaginobianco

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