Argon1enti l'agricoltura sarà, co1 me è se1npre stata, di tipo asciutto. Le coltivazioni su cui bisogna puntare sono quelle proprie delle colline da tempo immemo·rabile, con i miglioran1enti che la scienza impo,ne (o impo,rrebbe): cereali e fo,raggi. Il che concorda perfettamente con le indicazioni degli agrari e degli eco,no1 misti (si veda ad esempio la relazione del Prof. Marino, Gasparini al Secondo Co,nvegno Tecnico della Cassa, Cosenza, Ist. Pol. dello Stato, 1954). Il prof. Bandini ha scritto ( « Realtà del l\tlezzogiorno », giugno '65) che: · « alta collina e montagna si orienteranno serr1pre più verso tipi estensivi cerealicoli o forestali, o ver,so grandi poderi familiari o,d aziende zootecniche [ ...]. La produzione granaria avrà sempre un posto essenziale. nell'agricoltura del Mezzogiorno, ma non potrà p,retendere ad ulteriori sviluppi. Solo il grano duro potrà co,nquistarsi un po1 sto migliore... specialmen.te se sarà portato a soluzione il problema delle va1 rietà ». Ma questo, è vero non solo per il grano duro, ma per tutta l'agrico,ltura collinare. È una vecchia dannosa pretesa quella di rite11ere che varietà ottime per la pianura possano dimostrarsi tali anche in co1llina. Lo sfo,rzo da fare è appunto di trovare le varietà adatte. E non è poi tanto difficile. Di varietà ce ne sono, alcune già in prova, altre prodotte da,ll'Istituto di Allevamento Vegetale per la Cerealicoltura di Bologna. Queste varietà sembrano o,ttime, a giudicare da alcuni esperimenti iniziati a11ni or so110 e poi inspiegabilmente interrotti. Vero è che la varietà « Cappelli » dà in collina buo1 ne rese, in certi a11ni addirittura ottime. Ma le nuove varietà se·mbrano per certi riguardi superiori e sarebbe un gran vantaggio per gli agricoltori se fossero provate i11 pieno ca.mpo e distribuite. Nella Co,mu11ità Europea a produrre grani duri non ci sono che la Fra11cia e l'Italia. Mentre però la produzione francese 11011supera il milione di quintali, quella italia11a arriva ai 18-20 (Paolo Albertario, « Corriere della Sera», 11 luglio 1967). Una nuova legge imp·one di fabbricare pasta solo con grano duro, e questo è certamente un forte ince11tivo per i produttori. Ma il prezzo del grano duro è stato fissato tra un nùnimo di 6.890 ed un n1assimo di 7.812 lire a quintale. Sui mercati m.ondiali il prezzo è quasi la n1età. In Italia, il prezzo al p1 rodutto,re è stato portato a 9.062; l'industriale lo paga circa 6.000 e lo Stato integra la differenza all'agricoltore. Ma in pratica accade, almeno in alcuni casi, che il mercante o mediatore acquirente non paghi più di 6.000 lire a quintale, co11 la scusa, o ragione che sia, della bianco-. natura, e che l'integrazio,ne arrivi un anno dopo. No·n sono fatti che incoraggiano l'agric0Jlto1 re. Un aiuto per l'agricoltura co,llinare p.otrebbe con1 sistere nell'au153 Bib,iot.ecaginobianco •
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