·' Giornale a più voci zione della società italiana», il cui nodo centrale « è costituiito dal permanere e dall'accentuarsi dell'andamento duali:stico dell'economia», la preoccupazione di proclamare l'autonomia e la scelta antica,pitailis:ta delle ACLI, il superamento del « collateralismo» con la DC, il voto hbero, ha finito per prevalere sull'esigenza di fornire concrete indicazioni sui problemi più gravi del paese. Il silenzio sul Mezzogiorno derirva probabilmente anche dalla struttura stessa delle ACLI, che hanno la loro maissima concentrazione nell'Italia settentrionale (il 56.5% degli oltre 7000 Circoli); mentre l'Italia meridiOIIlale (,isole comprese) raccoglie solo 1515 circoli, pari al 21 % del totale. Ma non è solo questione di provenienza geografica: in realtà, dopo il convegno di studio che si svolse a Reggio Calabria neU'ottobre 1961 su L'iniziativa dei lavoratori nel Mezzogiorno, il contributo delle ACLI all'esame dei problemi meridionali si è fatto sem·:pre meno specifico. Sin a:Hora le ACLI, pur non distinguendosi per un particolare interesse al Mezzogion10, non erano restate estranee ad un costruttivo impegno su questo tema. Sul periodico ufficiale del movimento, .anche tra il 1962 e il 1963, continuano ad appairire interventi ispirati ad una visione riformatrice del proble1.na meridionale, appena temperati da qualche cauta conces,sione a tesi meno avanzate. Così sul rapporto tra emigrazione e agricoltura, Giuseppe Colosimo affermava: « per ottenere nel Sud una produttività degli addetti pari a quella del Nord è necessario che su ogni 100 ettari di superficie lavorabile, gravi un numero di uni,tà lavoratrici pari al 40% in meno rispetto a quello oggi presenta». E continuava: « conclusione assai dura, naturalmente, e che induce a ritenere che molta gente dovirà trasferirsi in settori extra-agricoli che non hanno localizzazione e immediate capacità di assorbimento all'interno delle stesse regioni meridionali. Il che non si,gnifica accettazione integrale delle tesi di Vera Lutz, né una accettazione pura e semplice dell'esodo migratorio come unica condizione di sgravio di questa accentuata pressione demografica nel settore, ma per lo meno spiega la logica che a:ncor oggi presiede al fenomeno migratorio, consentendoci di riflettere sulla continuità che esso è destinato a mantenere per più anni ancora» (G. COLOSIMO, Realtà e limiti della politica meridionalista, « Quaderini di Azione Sociale», aprile 1963). Ma mentre si va consolidando nelle ACLI ,la maggioranza che aveva illllposto la « svolta» del movimento al Congresso di Bari del dicembre 1961, si as,siste ad una diminuzione di attenzione per i problemi meridionali, e sempre più spesso alle analisi accurate si preferiscono i giudizi facilmente sommari, come questo che si poteva leggere qualche settimana fa su « Azione sociale» (Cassa da morto per il Mezzogiorno, 15 giugno 1969): « d'altronde non è solo la scarsa preparazione sindacale degli operai del Sud che blocca le iniZJiath,e, quanto - talora - le stesse centrali sindacali che si sono man mano fermate nel loro ,sforzo propulsore loca1Le,vinte dal disinteresse e da una specie di sonnolenza che avvolge un po' tutto il Mezzogiorno». Questo tipo di ,giudizio non è 'IllUOVO nelle ACLI. Così quando a Vallom55 r BibliotecaGino Bianco
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