Nord e Sud - anno XVI - n. 115 - luglio 1969

Note della Redazione politici, ma non ce la sentiamo di considerare « incolti, bugiardi e barattieri » i politici che hanno voluto e vogliono questa riforma; non ce la sentiamo di consideriare tali neanche quei politici che erano e sono assai più di noi disposti ad andare incontro alle pretese degli assistenti e degli incaricati, senza avvertire quanto di corporativistico vi possa esser<::,·all'origine di queste pretese. Proprio in quanto ci siamo opposti a quelle che ritenevamo essere degenerazioni in senso corporativistico della riforma; proprio in quanto « Nord e Sud» si è caratterizzata tra le riviste della sinistra italiana come una di quelle (non vogliamo dire la sola) che non ha fatto concessioni di sorta alla contestazione, alla cultura della contestazione, ai metodi della contestazione; proprio in quanto noi non voglian1.o, non possiamo, non dobbiamo identificarci con quelle che sono state, sono o saranno le posizioni dell'una o dell'altra «componente» universaria, abbia1no cercato di pervenire ad una valutazione obiettiva delle ragioni dei contrasti che si sono accesi intorno all'università, al suo passato, al suo presente, al suo futuro. E ci è sembrato che fra queste ragioni vi fosse anche, e non irrilevante, quella dell'oggettivo discredito dei prof essori. Saitta, come del resto Garosci, ritengono che non di oggettivo discredito si tratti, ma di orchestrata diffamazione; anzi, Saitta afferma che si tratta addirittura di premeditata persecuzione, « razzista » addirittura. E può darsi che ci sia anche chi abbia ecceduto in « razzismo» contro i professori, facendo di ogni erba un fascio; ma noi nell'università, e sia pure da giornalisti che hanno vissuto un' esperienza nell'università, ci siamo fatta una nostra idea non preconcetta, obiettiva, della presunzione <<scientifica» di una gran parte dei professori, una presunzione che non è -rischiarata dai lumi della «cultura» ed è fondata soltanto sulla gestione di un potere conquistato con metodi' non edificanti. Del resto, la nostra diffidenza nei confronti degli assistenti deriva proprio dalla somiglianza di questi ultimi con i professori che li hanno scelti . .M..a Saitta, come tutti i professori, non ama i giornalisti e non crede nel valore di testimonianza delle opinioni che sono espresse dai giornalisti. Perciò Saitta ha trovato incauto che da parte nostra si potessero citare, come testimoni del discredito che investe i professori, due giornalisti, Giuseppe Barillà e Felice Froio. Scrive Saitta: « non possiamo però lasciar correre l'amena trovata dell'estensore dell'Editoriale di farsi garante ed apologeta dei giornalisti come i testimoni più autentici della crisi creata nella nostra università». Queste « amena trovata » forse è stato il riflesso di uno « spirito di casta » che induce ·i[ direttore di questa rivista ad avere più fiducia nella perspicacia e perfino nell'onestà intellettuale dei giornalisti che ha avuto occasione di incontrare nella sua carriera, ·di quanta non ne possa riporre nella, diciamo, mentalità dei professori che ha avuto occasione di incontrare nel corso della sua esperienza universitaria. Certo, ci sono giornalisti che non meritano questa fiducia e professori che la meritano: ma in generale i riflessi dei prof essori, anche dei 1nigliori, sono più condizionati di quelli dei giornalisti, anche dei peggiori. E con1.unque, l' « amena trovata » non è poi tanto «amena», se è vero che i prof essori sono usciti assai 48 BibliotecaGino Bianco

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