Mario Pendinelli confronti delle tradizionali organizzazioni dei lavoratori. Ecco perché i sindacati hanno, oggi, due problemi da risolvere: adeguare la loro azione alle esigenze della società attuale per non restare estranei al suo sviluppo, e recuperare, nel contempo, le frange del « dissenso » per non correre il rischio di essere svuotati, proprio nei luoghi di lavoro, di ogni funzione, da « comitati di base » o altri organismi aziendali manovrati da gruppi estremistici. Nessuno prevedeva, probabilmente, che un discorso centrato su questi problemi avrebbe fatto tanta strada, e l'avrebbe fatta tanto in fretta da travolgere in poco tempo n1iti che sembravano consolidati e pressoché inattaccabili. Soprattutto il tema dell'autonomia -dei sindacati rispetto ai partiti sembrava velleitario, in un paese in cui la storia del movimento sindacale, dalla caduta del fascismo in poi, è stata strettamente legata alle vicende dei partiti politici. Il 3 giugno 1944, alla vigilia della liberazione di Roma, cattolici, comunisti e socialisti diedero vita all'organizzazione unitaria della CGIL. Ma il 16 ottobre 1948, tre mesi dopo lo sciopero generale proclamato dalla CGIL in seguito all'attentato a Togliatti, Giulio Pastore rompeva il fronte unitario dei sindacati e fondava la Confederazione Italiana del Lavoro. Il 4 giugno 1949 i socialisti democratici ed i repubblicani abbandonavano a loro volta la CGIL e davano vita alla Federazione Italiana del Lavoro, che il 5 marzo 1950 doveva mutare il suo nome in UIL (Unione Italiana del Lavoro). Si era in piena « guerra fredda ». I sindacati, riflettendo lo schieramento e le posizioni dei partiti politici, erano giocoforza immersi nelle « crociate ideologiche » al :fiç1ncodei partiti. Il loro era un ruolo da subordinati. E di ciò, del resto, testimnnia il fatto che le decisioni più importanti in materia di politica sindacale ve, nivano adottate, o quanto 1neno ratificate, -dalle direzioni dei parti ti. Era, comunque, una situazione insostenibile perché screditava i sindacati e, in fondo, nuoceva agli stessi partiti. Infatti, nel giro di pochi anni, l'ingerenza dei partiti nella vita dei sindacati si venne attenuando, sia pure soltanto dal punto di vista formale. Una notevole spinta in tale direzione fu data dal discorso che il leader della CGIL, Di Vittorio, tenne nel 1956 al Congresso del Partito Comunista Italiano. Di Vittorio approfittò del clima nuovo che il XX Congresso dei Comunisti sovietici aveva creato (dopo l'inte~ento armato dei russi in Ungheria) con la condanna dell'opera di Stalin e la « scoperta » delle « vie nazionali al socialismo ». Ma, anche se si inquadrava in una situazione di disgelo poststaliniana, 36 BibliotecaGino Bianco
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