Nord e Sud - anno XVI - n. 115 - luglio 1969

Aldo Canonici Gli esempi potrebbero continuare, in questa sorta di antropologia dello spazio, per arrivare a11a conclusione che persone diverse abitano differenti . mondi sensoriali e che gli sche1ni prossemici possono aiutare a comprendere le differenze fra le culture. Prendere coscienza di queste diversità non significa essere razzisti. Ricorda giustamente Umberto Eco nella sua prefazione al libro di Hall, che non è razzista chi riconosoe che i modelli culturali possono essere diversi, ma soltanto chi specula su queste diversità e su di esse cerca di effettuare una discrin1inazione, ponendo in una scala di valori un modello culturale al di sopra degli altri. Su questo filone psicologi, antropologi, urbanisti, architetti, hanno abbondantemente da meditare. L'uomo necessita di uno spazio, di svagoi, di bellezza, come ricordava Aldous Huxley. Piazze come quella di S. Marco a Venezia, gallerie come quelle di Milano o di Napoli, favori 1 scono il contatto umano, costituiscono occa:sioni d'incontro aperte a tutti Ignorare com,p1'e1a.1nente il senso deHo spazio può essere causa di gravi per~urbamenti nella sfera psichica. Una serie di esperimenti condotti sugli animali hanno portato a deliimiitare quella che si definisce « la fogna del comportamento», vale a dire le serie dei fenomeni che insorgono allorché gruppi di animali sono costretti a vivere in condizioni di eccesisivo affollamento. Oltre un certo Umite, la densità di popolazione tende a produrre stati di tensione, malattie, condotte aggressive. II sovraffollamento spezza importanti funzioni sociali, accentua la di,sorganizzazione, può condurre alla morìa su larga scala. C'è chi sostiene ohe le pestilenze che sterminarono due terzi dell'intera popolazione europea verso la metà del quattordicesimo secolo ebbero il loro terrificante effetto anche a causa delle tensioni provocate dalla densità di popolazione dei borghi delle città medioevaH, che avevano già minato la resistenza delle persone. Eccoci quindi costretti a chiederci se le attuali megalopoli con milioni di abitanti non siano fuori di ogni dimensione umana; isolate da ogni contatto con la natura, le nuove generazioni non conoscono o quasi il verde e gli anjma1i. Un ulteriore colpo di grazia è stato dato dlall'automobile, la quale continua ad ingoiare con continuità lo spazio cittadino. Non soltanto gli uomini non hanno più voglia di andare a piedi, ma - se anche lo volessero - non avrebbero il posto per farlo. L'automobile, tagliando i suoi occupanti da ogni contatto con il mondo esterno, accentua il processo di estraniazione dell'uomo dal suo ambiente, impoverisce la sensazione del movimento attraverso lo spazio, isola dai ru1nori e dal campo vis~vo, mentre l'elasticità delle sospensioni fornisce una sensazione irreal'e ed affievolita del terreno. La pros,semjoa, con il suo sforzo di aiutare l'uomo a conoscere meglio se stesso, ci ricorda che l'uomo e l'ambiente non devono mai essere vi,sti come due entità staccate e che lo spazio costituisce un importante canale di comunicaziione. È venuto il momento in cui anche l'archHettura deve essere vista: sotto una nuova luce; le persone non debbono esserie più impacchettate una accanto all'altra, nella presunzione che il loro bisogno di spazio sia da comm1:surare semplicemente ai limiti del corpo. Forse è già· vicino il giorno 106 BibliotecaGino Bianco

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