Antonio Pellicani in modo che questo non si precludesse l'eventuale appoggio di una- parte dei socialisti e occorreva porre più energicamente il problema di sistemare sa bas,i amichevoli i rapporti con la Jugoslavia. Nitti tenne un certo conto di questi suggerimenti del direttore del « Corriere della sera» nell'ampio rimpasto ministeriale del marzo 1920. Albertini vi inrsi·stette sottolineando il problema fondamentale che il ministero si appoggiasse su di una salda maggioranza: problemi che Nitti sentiva con minore vigore, che comunque non risolse e sul quale poi cadde. Nel 1921 l'illegalismo non veniva più dai soli socialisti, ma anche dai fascisti. Albertini aveva perduto, inoltre, la speranza che i socialisti collaborazionisti potessero appoggiare un eventuale minisitero separandosi dai massimalisti di Serrati: non si trattava più di far entrare nella legalità una parte dei socialisti, sipostando a sini·stra il ministero, bensì di far entrare nella legalità i fascis,ti, catturandoli nel minis,tero stesso. Come si vede, il legalitads,mo di Albertini nel periodo con1preso fra le elezioni generali del 1919 e il 1921 si sforzava di tener conto degli umori prevalenti nel paese: che nel 1919'..'20,dominati dalla spinta del movimento operaio, erano orientati a sinistra; nel 1921, dominati dallo squadrismo fasdsta, erano orientati a destra. Ma col 1922 la tendenza fondamentale di Albertini - e in misura ben più spiccata che nel 1920 - tornò ad essere quella di un governo appoggiato ai socialisti collaborazionisti. Oramai nei rapporti di forza fra fascisti e socialisti la bilancia pendeva talmente a favore dei primi che l'appoggio dei secondi era ritenuto opportuno e sempre più indispensabile. Infatti, nei mesi succes,sivi. alla marcia su Roma il direttore del « Corriere della sera» andò orientando la sua azione in senso neHamente antifascista, prendendo contatto in questo senso con numerose personalità ostili al regime., fra le quali Gobetti e Salvatorelli. La perplessità man1f es tata da Gobetti nei confronti del programma di Albertini, ci sembra, non era solo il dissenso che l'intransigente oppositore sul piano dei principi manifestava per ogni possibilismo politico; era anche, espresso in modo esplicito, un cauto dissenso di natura politica. Pare di comiprendere che SaLvatorelli e Gobetti - probabilmente per motivi diversi - temessero gli effetti di una opposizione la quale, di sini1stra ma incapace di rovesciare il governo, lo avrebbe rafforzato con l'appoggio della op1inione pubblica dei benpensanti, e Albefltini stesso non era affatto insensibile a questo punto di viista. Veri o falsi che fosseTo questi timori, essi coglievano uno dei caratteri politicamente fondamentali che avrebbe poi assunto l'opposizione di Albertini dopo il delitto Matteotti: opposizione radicale, ricca di fermenti repubblicani, eppure fermis1sima sul fatto della legalità: opposizione che, dopo aver scatenato la lotta e suscitato i timori della massa dei benpensanti, la frenava. Da questo punto di vista, sarà forse opportuno rivedere non solo le critiche all'Aventino di parte comuni·sta, ma anche di parte conservatrice antifascista. 102 BibliotecaGino Bianco
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