Ugo Leone sono SO miliardi; SO miliardi da spendere l!Il nuovi alloggi, in posti nelle scuole, in posti letto negli ospedali, in strade e fognature, in impianti per la depurazione dell'aria e delle acque inquir~ate. Ci pare, insom·ma, che le cose stiano diversamente da come le vede Lenti. Secondo noi, le aree « motrici» dell'economia italiana, più che essere minacciate da una disincentivazione che ne frenerebbe lo slancio, rischiano di rimanere strozzate dalla congestione che già ne investe alcune: il territorio comunale di Torino, ad esempio, scrive il Direttore del Servizio Studi e informazioni del Ministero dei Lavori Pubblici, Marcello Vittorini, « è completamente saturo in tutti i -suoi 13.000 ettari». In queste zone ogni nuovo investimento industriale richiede il ricorso alla immigrazione di mano d'opera e impone notevoli oneri per la costituzione di nuove «dosi» di capitale fisso sociale: case, scuole, mezzi di trasporto collettivi ecc. Non bisogna, quindi, dimenticare che, se è vero che. « la concentrazione delle attività economiche offre il più deHe volte la possibilità di impiegare razionalmente, e cioè con un massimo di produttività, tutti i fattori di produzione», è anche vero che vi è un limite al di là del quale la concentrazione diventa congestione ed i cosiddetti « risparmi per agglomerazione » si esauriscono e si traducono in costi di congestione: per cui, alla funzione del « risparmio per agglomerazione», subentra quella di « risparmio per deglomerazione » che si verifica, appunto, con un decentramento a favore delle regioni di nuova industrializzazione. D'alfra parte, non sono solo la geografia fisica (con la presenza in un dato luogo di materie prime, fonti di energia, vie di comunicazione) e i « fattori agglomerativi» a determinare (sempre meno per quanto riguarda la prima) le scelte di localizzazioni industriali più convenienti per i nuovi investimenti industriali; vi è ancora un insieme di « ragioni soggettive» che va sotto il nome di « forza d'inerzia » per cui si tende ad una « ripetizione delle localizzazioni». È proprio per vincere questc;i, «forza», che non ha alcun fondamento economico, ma che, spesso, è la negazione di tale fondamento, che in certe situazioni è necessaria una politica atta a scoraggiare ulteriori insediamenti in aree già congestionate. Non si tratta, dunque, di « determinare un rallentamento del saggio di sviluppo delle aree settentrionali, nella speranza (vana) che questo rallentamento possa giovare ad accelerare quello delle arree 1meridionaili » come , ,scrive Lenti, ma piuttosto di « giocare» sapientemente con l'acceleratore e col freno per uno sviluppo equilibrato dell'intero sistema economico nazionale. Naturalmente, nessuno pensa di· dire, ·ma è bene preci,sarlo, che bisogna incentivare tutta l'Italia al di qua del Garigliano e «disincentivare» tutta quella al di là; così come è evidente che non si tratta di « disincentivare» tutta l'Italia settentrionale o tutto il « triangolo», ma soltanto quelle zone che risultino congestionate o in via di congestionamento. Ma diremo di più: è· un errore rienere che i disincentivi siano uno strumento di attuazione della politica meridionalista. Essi vanno, più propriamente intesi come uno strumento di politica regionale per un più equilibrato sviluppo. 66 BibliotecaGino Bianco
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