Ennanno Corsi l'Angelo, tenta di introdurre un discorso di piano anche a livello comunitario preoccupandosi di legare le prospettive del settore agricolo a quelle di tutti gli altri. E non si può dire nemmeno che il Piano dia delle indicazioni nuove; piuttosto riscontra alcuni dati di fatto_ incontrovertibili (come ad esempio l'esodo) che gli stessi documenti ;di programmazione nazionale in Italia prevedono: fatti, dunque, che caratterizzano drammaticamente la nostra realtà. Dell'Angelo rimprovera poi a Scardaccione, per quanto riguarda le strutture agricole, di aver messo l'accento sull'unità familiare mentre questa unità si va sempre più sfaldando proprio per la fuga dei giovani. Non si può dunque difendere una realtà che non è più tale. Bisogna, invece, esalta-re, del Piano, quegli spunti capaci di dare nuovo slancio al Mezzogiomo; e da questo profilo gE ,spunti sono molteplici, per cui si può guardare alla « filosofia » di Mansholt come ad una bandiera per spingere ancor più in avanti l'industrializzazione del Mezzogiorno. Dopo quesito intervento si è compreso che, ormai, l'analisi del Piano seguiva schemi politici precisi per cui sono apparsi perfino scontati il sì della UIL-Terra e .i,l no de1la CGIL; interesisanti, comunque, le motivazioni. Aride Ros,si (UIL) ha ri,leva,to che oggi t,roppi sono interesis,ati ad affossare i] Piano Mansholt, che va invece salvaguardato; è un Piano che non presenta affatto aspetti di estrazione neo-capitalista: vuole piuttosto dare assetto pi,\ razionale alle colture ed agli altri fattori produttivi, oggi spesso sperequati da situazioni abnormi dettate, ad esempio, dalle esigenze di sopravvivenza dei piccoli proprietari di fazzoletti di terra. Il Piano, ha detto ancora Aride Rossi, non è una entità che si impone a tutti indistintamente; esso dovrà trovare applicazione attraverso articolazioni regionali che permetteranno il suo adeguamento a tutte le esigenze locali e zonali. Molto delicata è, invece, la parte dedicata alla ricerca di nuove occupazioni per chi lascia l'agricoltura. Oocorre assicurare che quei posti di lavoro siano creati nelle stesse regioni agricole - e quindi soprattutto nel Mezzogiorno - per evitare il ripetersi dei traumi provocati dall'esodo degli anni cinquanta. Le posizioni negative del PCI e della CGIL sono state esposte dal sen. Gerardo Chiaromonte e da Roscani. Chiaromonte rileva che, nel più vasto quadro della crisi che attanaglia la politica agricola comunitaria, slanciatasi troppo verso i problemi del mercato, e trascurando quelli delle strutture, il Piano si pone come un momento legato a quella stessa logica. Il PCI aveva da anni richiamato l'attenzione sui temi che solo oggi Mansholt fa suoi. D'altra parte, le stesse indicazioùi della conferenza di Stresa erano orientate nel senso di una accentuazione della politica delle strutture che, invece, è stata accantonata cogli accordi finanz.iari del 1962. A questa scelta errata non è estraneo, per Chiaromonte, il desiderio di non rompere con il regime gollista. La politica protezioni,stica fin qui perseguita, osserva anc'ora il senatore comunista, ci ha portati all'orlo del fallimento col suo asservimento al capitalismo europeo, asservimento che ha danneggiato i più deboli, a cominciare dal Mezzogiorno. Mansholt si contraddice, dunque, 50 BibliotecaGino Bianco
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