Giornale a più voci coltura '80) e il messaggio di Mansholt, come abbiamo detto, ha introdotto un elemento di fiducia e di giusitificata aspettativa. Questo clima di fiducia e di aspettativa, però, si è subito dissolto di fronte al « pessimismo lucano» (come è stato definito maliziosamente) del sen. Docio Scaridaccione che ha fatto una critica serrata, ma anche aprioristica, al Piano. Secondo ScaTdaccione (che è membro del Parlamento europeo) la « rivoluzione agraria», mito del vecchio e del nuovo meridionalismo, è un'utopia, è un'espressione veHeitaria. E non tanto per.ché il Piano è stato elaborato in una atmosfera caratterizzata da incertezze sull'avvenire istituzionale dell'Europa, da inadempienza di obbli:ghi previsti dal Trattato di Roma, da frequenti rigurgiti nazionalistici, da vivaci contrasti di interesse: quanto perché il traguardo della parità dei redditi fra ,l'agricoltura e gli altri _settori produttivi (cioè il punto più qualificante del Piano) è fuori della realtà e non risulta raggiunto neppure negli Stait:i Uniti e in altri paesi del mondo ad economia agricola molto avanzata. Altro punto di attacco per la oritica al Piano, è ·stata la psicologia: le riforme di struttura, sositiene Scardaccione, sono dirette a con.figurare un tipo di società che non risponderebbe aHe tendenze, alle esigenze ed alle profonde aspirazioni delle nostre popolazioni rurali. Poi ci sono le preoccupazioni politiche: lo sviluppo delle strutture agrarie così come è auspicato da Mansholt, sostiene sempre Sca,rdaccione, desta l'impressione di voler perseguire la 1Jendenza al gigant~smo e .al ooliettiivismo. Ta:le riistrutturazione indicherebbe chiaramente una tendenza a favore della struttura capitalistica dell'agricol1Jura e, nel caso di unità produttive di tipo cooperativo, può aprire la strada a forme collettivistiche di conduzione. Per Scardaccione, al Mezzogiorno non si addicono le soluzioni associative; l'individualis-mo resta la caratteristica preminente della sua tradizione rurale. Inoltre, proprio per la difficoltà di realizzare aziende pluri-fainiliari nel Mezzogiorno, il P~ano Mansholit potrebbe qui Tive}are la ·sua maggiore vulnerabilità rafforzando la struttura capitalistica o borghese dell'agricoltura, aggravando gli squilibri territoriali ed interni del settore. Infine la questione dell'esodo rurale; Mansholt lo incoraggia per ridurre le braccia utilizzate nei campi, Scardaccione lo avversa decisamente e motiva il suo atteggiamento col fatto che l'ipotesi quantitativa dell'esodo non sarebbe strettamente legata alle effettive possibilità di creare i nuovi posti di lavoro nelle industrie, posti che non potrebbero .mai assorbire tutte le braccia che ·Si prevede di espellere dai campi. Il co1np,ito di contestare il « pessimismo lucano » del sen. Scardaccione, di fronte a un uditorio che ne era ·stato fortemente impressionato, se lo è assunto - svolgendolo con molta efficacia - il prof. Giangiacomo Del. l'Angelo, direttore generale della Svimez. È arbitrario, ha rilevato in sostanza, attribuire al Piano Mansholt un carattere velleitario o una imposta~ zione neo-capiitalistica; e perché Ulll diJscor:so sul programma comunitario sia produt·tivo, non si debbono vailutaire, di questo programma, i pro e ,i contro, senza affrontare il discoriso dei come. Mansholt, a giudizio del prof. Del49 BibliotecaGino Bianco
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