Nord e Sud - anno XVI - n. 114 - giugno 1969

.. Università, regioni, città Nel momento in cui l'università ha cessato di essere un fatto elitario, e quindi il reclutamento dei nuovi iscritti da parte delle sedi esi1stenti è ,dhrenuto rieclutamento di massa, automaticamente è caduta la visione dell'università come una istituzione che, per l'alto grado di qualificazione, per il carattere universale della ricerca scientifica, non ha un ambito d'influenza geografica delimitabile, o quanto meno, ha raggio -d'influenza nazionale . . Da una vis.ione siffatta scaturiva la non indispensabilità di una equidistriibuzione regionale del,le sedi universitarie, specie se, mediante congrui aiuti, ,gli studenti venivano posti in grado di recarsi a studiare dove meglio credessero. Oggi tale visione è non solo anacronistica, ma anche e11ronea. Già in passato, infatti, a ben guardare, si doveva am-m-ettere che solo pochissime sedi erano in grado di reclutare i propri allievi in un ambito nazionale: quelle poche sedi, cioè, non necessariamente ubicate nelle grandi città, che potevano contare sul peso .di grandi tradizioni, su docenti prestigiosi, sulla ricchezza delle attrezzature. Così come si doveva ammettere che la maggioranza degli atenei aveva un ambito di reclutamento regionale, o limitatamente interregionale, indipendentemente dal1' essere grandi o piccoli atenei. Oggi i legami funzionali tra sedi universitarie e hinterland più o meno immediato sono stati esaltati dal fatto che l'istruzione superiore ha perso o va perdendo le caratiteristiche di privilegio di censo e di classe per divenire sempre più fatto di massa. Onde le ragioni geografiche (oltre quelle econon1iche, connesse ai costi di congestione) che sono alla base dell'esigenza di redistribuzione regionale delle sedi, .divengono ragioni predon1.inanti. E tutto ciò senza voler tenere conto di priorità e di opzioni stabilite dalla politica di piano; le quali, trasferite nell'ambito universitario, ci portano appunto a ribadire, nel caso del Mezzogiorno, che l'esigenza prioritaria da soddisfare è quella di conservare alle regioni di origine, purché possano avvalersene nel quadro ed ai fini del proprio sviluppo, i giovani universitari. I compilatori del rapporto del Censis al Cnel citato prima, rilevando che gli ultimi anni sono stati contraddistinti da profondi processi di mobilità e avanzamento sociale, sottolineano però che « seppur i meccanismi collettivi di promozione sociale hanno 1965, pag. 92. In questo documento, alla lodevole intenzione di opporsi al proliferare di facoltà autonome, non fa riscontro un adeguato approfondimento del problema della più razionale distribuzione geografica delle ·sedi. 15 Bi'bliotecaGino Bianco

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