Antonio Pellicani tivo, nel senso che il suo compito maggiore consiste nella mobilitazione dei sostenitori, a volta a volta, del nuovo regime e nella repressione dei dissidenti. Per quanto riguarda le attribuzioni più proprianiente amministrative, la sua competenza risulta invece limitata per l'esistenza di uffici provinciali che, come quello per i servizi finanziari, di genio civile, per la scuola pubblica, per l'agricoltura, l'industria e il commercio, fanno di-rettamente capo ai rispettivi Ministeri dai quali direttamente dipendono. Diversi tentativi effettuati nel secolo scorso per concentrare nel prefetto, a similitudine di quanto avviene nell'ordinamento francese, i servizi pubblici provinciali o taluni di questi, sono puntualmente naufragati per la ripugnanza della classe politica a creare un funzionario provinciale di tipo proconsolare, e ancor più per l'accentramento amministrativo insito nei vari Ministeri che ha giuocato un ruolo decisivo di controspinta in quelle occasioni. L'aver individuato e messo in luce questa componente d'inerzia, tipica del costume burocratico, costituisce una delle intuizioni più acute di Fried. Egli ci s:piega anche che la resistenza dei vari Ministeri ai tentativi di devoluzione ai prefetti del controllo sui servizi pubblici periferici fu agevolata agli inizi dalla struttura intenta del governo parlamentare che riconosceva ai singoli Ministri responsabilità individuale e parità di condizione giuridica. Ma una volta cons0Hd:ata1 si tale situazione di f,razionamento, la forza della burocrazia fu tale che persino il governo fascista, a struttura certamente monoo~atica e personale, dovette procedere con estrema cautela in tutti gli atti,· che potessero apparire come diminuzioni di amministrazioni diverse da quella deU'Irnterno. Nemmeno il fascismo in realtà, mai, nonostante abbia ostentato la dottrina dello Stato totalitario, è riuscito a realizzare l'integrazione del sistema prefettizio. Ed è altamente significativo :per la storia non solo amministrativa, ma anche costituzionale e politica generale del nostro paese, che nel 1926, in sede di approvazione di una legge per la politicizzazione più decisa del corpo prefettizio, il legislatore fascista abbia sentito il bisogno di chiarire che il provvedimento mirava soltanto ad istituire un « coordinamento politico dei servizi provinciali», m·a non già ad alterare le « gerarchie fun- , zionali esistenti». Con una siffatta conclusione - commenta di passata il Fri~ - è lecito dubitare della natura realmente totalitaria dello Stato fascista. Il prefetto si è dunque identificato sempre più con il Ministero dell'Interho e con le funzioni elettorali e di polizia proprie di questo; è opportuno anzi tenere presente che « le funzioni politiche della polizia hanno ricevuto nel periodo del dopoguerra una attenzione maggiore di quella che sarebbe stata necessaria per combattere la criminalità ordinaria» (p. 218). Certo, il prefetto è il funzionario statale più importante in provincia; egli adempie, tra l'altro, le funzioni tipiche di rappresentanza diplomatica, ivi compresa la simbolica personificazione del Governo con i relativi doveri di 110 BibliotecaGino Bianco
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