Nord e Sud - anno XVI - n. 113 - maggio 1969

... Carlo Perone Pacifico bilità per l'elaborazione dei piani viene affidata agli organi del Ministero dell'Agricoltura - istituzione eminentemente tecnica e settoriale -, pur precisando1si che i pian.i zon·ali dovranno es,sere coordinati con i piani urbanistici ed elaborati di intesa con gli Enti: di Sviluppo. Co1 munque, la responsabilità maggiore rima11e al Ministero, anche se questo, con la legge del seco•ndo piano verde, la trasferisce agli Enti di Svilup·po, vincolandoli peraltro a direttive generali che dovrebbero essere em.anate dal Ministero, stesso. La presenza preponderante del Ministero è forse giustificata dal fatto che la maggior parte dell'iniziativa e dell'investimento, pubblici sono sostenuti direttamente dallo Stato,. E infatti il Ministero sembra asp·ettarsi dai piani soprattutto dei criteri di ripartizione fra le singole zone degli investimenti che, a vario titolo, esso attribuisce alle diverse regioni. Dei criteri di rip·artizione che mirassero genericamente a fini di efficienza produttiva e che salvaguardassero, un p-rincipio di equità sarebbero probabilmente sufficienti al Ministero. Diverso dovrebbe essere l'atteggiamento degli organi regionali di programmazio-ne. Questi organi dovrebbero vedere nei piani zonali lo strumento, at,to, a coordinare, nell'ambito delle singole zo,ne, l'iniziativa e gli investimenti pubblici e privati, esclusivamente al fine di raggiungere gli ob•biettivi progiiammatici della comunità regionale. Anche ammettendo che la funzione. dei piani zonali possa ridursi alla semplice formulazione dei criteri di ripartizione fra le zone dell'investimento pubblico, tale ripartizione richiederebbe comunque la discussione e l'a,ssunzione di decisioni di ordine politico. Queste decisioni debbono esse~e necessariamente re:gionali, debbo-no, discend,ere dalle decisio,ni della Regione circa il proprio assetto urbanistico e terri- , to,riale e circa le modificazioni che essa intende effettuare nella propria struttura sociale e produttiva. In mancanza di una ·discussione di questo tipo, i piani zonali sarebbero declassati da st1 rumenti di programmazio-ne a strumenti di intervento, p•ubblico di tipo tradizionale. Il pericolo sussiste, se in questo discorso si lascia tro·p•po spazio all'iniziativa settoriale e centralizzatrice del Ministero e se si lasciano prevalere gli aspetti tee~ nico-produttivi dei prc)blemi agricoli su quelli econo,mici e sociali. Le Regioni potrebbero, evitare tale pericolo se, pur lasciando ai piani il carattere di strumenti settoriali, i loro organi di p·rogramma- · zion,e fornissero agli Enti di Svilupp·po - o agli altri organi eventualmente incaricati di elaborare e di rendere esecutivi i piani - indicazio,ni dettagliate sugli obbiettivi della pro1grammazio·ne riegionale, sulla funzio,ne che le singole aree e i singoli setto,ri produttivi all'interno di ciascuna area dovranno assolvere e q11indi sullo specifico, co,ntributo cl1e la riorganizzazione delle attività agricole dovrà apportare in ogni 78 Bibiiotec~ginobianco

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