Nord e Sud - anno XVI - n. 113 - maggio 1969

.. c;irolamo Cotroneo cordato, che « il fatto che il consumismo sia sinonimo di co,rruzione soltanto per gli studenti e mai per gli o,perai deve far riflettere». E la riflessione ci riporta inevitabilmente al solito argo,mento: perché un concetto quale la lotta alla « feticizzazione » del benessere può essere elaborato solo a livello intellettuale (sovrastrutturale); se lo si porta sul piano della struttura esso diventa automaticamente lotta al « be11essere »: e quale classe operaia seguirà mai gli studenti-intellettuali su questa strada? Giustamente Moravia nota che per giungere a tanto occorrerebbe una « nuova scala di valori » la quale tuttavia potreb·be formarsi soltanto « alla fine di un lunghissimo processo di decantazione culturale »: processo però che allo stato attuale non è stato avviato in nessuna parte del mondo (e tanto meno in quella socialista). Perciò, quando Paci scrive che gli studenti vogliono « che la vita e la storia dell'uo1no abbiano un f1ne, un telos », dice, come fosse la co,sa più semplice di qu.esto inondo, quella che è invece la più difficile, e cioè ap~ punto l'elabo·razione di un telos, che però non sia solo per alcuni, ma per tt1tti, a tutt1 i livelli, come ha potuto essere per il passato (e come è, quando occorre, per il presente) la libertà politica. Mancando questo (il telos di povertà che lo stato attuale sembra essere l'un1ico ind'icato da un certo moralismo ascetico che condanna il « benessere » come tale, non ci pare certo prop 1onibile), mancando questo, dicevamo, manca la possibilità di azione unitaria che, co·me abbiamo detto, Enzo Paci, non si capisce bene su quali dati di fatto, dà per scontata, e nella quale vede addirittura la sto-ria, essendo per lui quest'ultima niente altro cl1e la « presenza» (così come è stata chiarita dalla fenomenologia). In effetto ci pare che né Paci, né quelli cl1e egli vede come gli eredi della fenomenologia husserliana, ab1 biano veramente analizzato i p1 roblerni della nostra epoca e della nos,tra società, traendone così persino i princìpi di quel marxismo « puro » a cui si rich,ia1nano così fr,equentemente, e cioè l'anali,si e la conoscenza scientifica della situazione di fatto. Perché essere « storici » non significa affatto essere « presenti », e tanto meno essere « attivi»: non era stato forse Mussolini a definire Croce un imboscato nella s,toriografia, rivendicando a sé la storia? Essere storici, avere il senso della storia, significa tenere presenti certi processi e la loro irreversibilità: ed irreversibile è certamente la società del benessere industriale della quale il consumismo è una componente cl1e i paesi industrializzati, e quelli che asp;ira:no a diventarlo, no.n si vede come possano, anche alla distanza, evitate. Perciò I diventa in questo mo,mento utopistico, e perciò antistorico, pretendere che gli operai, dopo essere stati dagli stessi movimenti socialisti educati ad una morale utilitari 1 stica che aveva fatto del benessere economico il fine dei fini, diventa antistorico, dicevamo, pretendere adesso che essi perseguano quei fini moralistici di cui si faru10 portatori gli intellettuali-studenti: perché· il problema deglì operai resta ancora (e resterà ancora per molto) a livello di struttura, di più equa distribuzione della ricchezza, di rimozione delle residue sacch·e di povertà nei paesi piì1 ricchi e così via, mentre la 54 Bibiiotec_aignob.ianco

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