Nord e Sud - anno XVI - n. 113 - maggio 1969

Note della Redazione calizzare nel Nord i nuovi investhneriti industriali che si vorrebbero canalizzare verso il Sud per creare nel Sud nuovi posti di lavoro? Se insomma si attirano nuovi investirnenti industriali lungo le idrovie padane e nelle nuove zone industriali che si vorrebbero attrezzare fra Navi Ligure e Verona, a Piacenza e a Cremona, questi investimenti in quale 1nis.ura provocherebbero un aggravamento e una dilatazione di fenomeni tipici delle aree industrializzate del Nord, l'insufficienza delle acque, l'inquinanzento delle acque, l'inquinan1ento dell'aria? Ed infine, è vero che oggi nuovi investimenti industriali nel Nord provocano emigrazione di manodopera dal Mezzogiorno, un'emigrazione che non si configura più carne negli anni 50, che cioè non costituisce più un salasso della congestione de1nografica di certe aree del Mezzogiorno, troppo povere di risorse, ma un'emorragia che può portare all'irri,nediabile dissanguamento del Mezzogiorno, di tutto il A1.ezzogiorno? Sono domande cui la progran1mazione dovrebbe dare risposte articolate; e si deve co1nunque pretendere che tali risposte non siano an1bigue. A noi sembra, per esen1pio, che lo sviluppo del Mezzogiorno non possa e non debba essere un'ipotesi subordinata all'ulteriore sviluppo del Nord, ma l'esigenza primaria e prioritaria cui il paese deve far fronte; e che una politica delle infrastrutture come quella che si deduce dalle richieste delle regioni più forti del Nord relegherebbe questa esigenza di sviluppo del Mezzogiorno in secondo piano e cotnporterebbe la concessione al Mezzogiorno di qualche infrastruttura di compenso, onde un'alterazione ai danni del Mezzogiorno dei dati foJZdamentali della politica di localizzazione delle attività industriali. Quando poi si parla addirittura della « opportunità di incentivi, anche per le regioni più progredite d'Italia, se esse ne abbisognano nei confronti con le altre regioni econon1iche della C'omuriità europea e con i più agguerriti Paesi terzi sui 1nercati mondiali» («Mondo economico» dell'8 niarzo, a proposito del convegno rotariano, in un articolo intitolato: Triangolo industriale e prospettive europee), allora si sollecita chiara,nente _una scelta che comporta l'cn1arginazione del !v1ez-.ogiorno, il declassamento della politica di sviluppo del Mezzogiorno a politica di assistenza al Mezzogiorno, il dissanguamento den1ografico del Mezzogiorno: le riserve meridionali di manodopera dovrebbero essere, cioè, dilarJidate, nel senso che la loro utilizzazione e valorizzazione mediante l'en1igrazione dal i'v1ezzogiorno sarebbe prevalente di gran lunga e conzunque considerata di fatto più facile e più conveniente della loro utilizzazione e valorizzazione ai fini dell'industrializzazione del Mezz~ . giorno. A questo proposito, si sono raccolte in questi giorni notizie significative. Già alcuni n1esi or sono, ci è capitato di leggere che un industriale veneto, di Pordenone, aveva dichiarato di non riuscire a trovare nel raggio di 50 km. da Pordenone (e siamo nel Friuli, una delle cosiddette aree depresse del Nord) i 1000 operai che voleva assumere per ingrandire i suoi stabilin1enti, che già occupano 14 niila dipendenti; e quindi gli si poneva la scelta fra la possibilità di reclutare altrove la manodopera, per farla immigrare a Pordenone, e l'eventualità di trasferire i suoi stabilinzenti, per « portarli là dove c'è di44 Bibliotecaginobianco -

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