Gabriele Catalano · di rintracciare manzonianamente i fram111enti d'una storia no,n scritta, non ufficiale, a produrre l'impressione di artificiale crasi del linguaggio rovaniano, « spigliato fino alla civetteria, curialesco e dottorale sino all'esasperazione»: con l'effetto però 111ediocre di rendere « una sorta di indistinta coloritura del suo linguaggio: voglio dire che la varietà del suo mondo espressivo non permette di individuare meglio le caratteristiche determinanti ma vale soltanto a circondarlo d'un grigiore che rasenta la totale inespressione ». Una cifra linguistica da cui evadono soltanto la Libia d'oro (1868), in direzione prevalentemente psicologica grazie alla ft1sione di fantasia e storia e col soccorso di un'altissima carica dramn1atica, e La giovinezza di Giulio Cesare (1873), altro romanzo dalle brillanti disgressioni, che sa11cisce il superamento del genere storico, pur accampandosi in apparenz~ nella continuità di codesto genere, e jn cui sulla storia e sul minuto cronachi n10 dei Cento anni prevale finaln1 nte il « gioco della pura immagine, dell'estroso divagare» nonché una raffinata disposizione stilistica che fanno del Rovani « un innegabile precursore » (come realmente fu, nei riguardi del Dossi, segnalatosi giovanissimo al Rovani per i suoi stilen1i), pur potendosi porre come legjttima, dal Mari·ani, l'ipotesi che anche il Dossi da parte sua abbia esercitato qualche influenza « quanto a stile e linguaggio su La giovinezza di Giulio Cesare ». Per il Praga si nota anzitutto la costitutiva differenza tra i,l suo temperamento espressivo e quello di Arrigo Boito. « Il realismo boitiano 124 Bibliotecaginobianco perviene ad un alleggerimento, a un'oculata assimilazione della term1nologia più pesante nel tessuto connettivo delle liriche mentre in Praga il realismo lessicale è ancora esso programn1atico, frutto di una spietata violenza verbale ». Ma espungendo gli aspetti estremi di questo progra1nrnaticisn10 spesso compiaciuto e chiassosan1ente blasfemo, è proprio « la componente realistica, il mirabile sottofondo sempre presente nella lirica di Praga » a salvar] o dalla inespressività e dalla angoscia esistenziale. Con esemp 1 lificazioni testuali sono anche analizzati i diversi temi che ne compongono il mondo poetico; quello del poeta alla ricerca del suo ideale, il sensualisn10, il maledettismo, la nota anticlericale e irreligiosa, la nostalgia dei dolci affetti e infine il paeaggio nella sua diversa realizzazione evolutiva (l'unica del resto che si ammetta nell'intera personalità praghiana ), che va dall'acceso colorimo di Tavolozza a una maniera più pacata e disinvolta, ispirata a Murger e forse, attraverso Murger a Heine, il maestro dell'ironia praghiana, del colore ma soprattutto del reali mo. Dj fronte alla potente angolazione realistica del Praga si oppone però la componente pit1 prevaricante del suo registro poetico, « l'incoercibile sperimentalismo programmatico», come la chiama il Mariani, che finisce col neutralizzare le stesse possibilità verso il realismo. Si tratta di uno sperimentalismo non soltanto formale e linguistico ma che nasce da un atto di sfiducia verso la stessa professione della poesia. La immagine allora, invece di concre-
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