Gabriele Catalano si affiancano in panoramiche meno particolareggiate le sintetiche ricognizioni sui cosidetti minori, che pure scoprono all'improvviso inedite zone d'interesse, da Faldella a Cagna a Rajberti a Camerana a Bazzero a C. Boito a Guai.do al primo Verga a Farina a De Marchi, con un'ampia parentesi, co,me si è testé accennato, prin1a degli ultimi due, in cui si studiano con più franca partecipazione che non si sia fatto finora auto,ri spregiati o ignorati, rappresentanti d'una ben precisabile Scapigliatura democratica - distinta da quella letteraria vera e pro-- pria - come Valera, Corio, Tronconi, Can1eroni, e, maggiore tra tutti, quell'Arrigl1i che oltre ad aver tenuto a battesimo il movimento fu uno degli zoliani più intemperanti e socialisteggianti. Se in questa rassegna di profili, per nulla centrati su un esteriore biografismo (ed è un bene che l'erudizione si restringa ai primi due capitoli), un procedimento ideologicodin1ostrativo è dato di cogliere, consiste forse nell'intento di limi tare la rilevanza poetica degli auto 1ri trattati per giungere alla conclusiva acclamazione del De Marchi. Il quale, per la sua umanità, già indicata da Vittore Branca co·me lievitazione pedagogica anziché sociale, per il suo cattolicesimo più aperto e meno chiesastico di quello del Manzoni, per la sua felice assunzio,ne a dignità artistica del piccolo-borghese, prosecutore degli « umili » manzoniani, ma con maggiore complessità e drammaticità psicologica, e infine per le sue innovazioni tecnico-narrative, finirebbe col proporsi come l'unica espressione valida in mezzo 122 Bibiiotecaginobianco al coacervo difficilmente positivo della Scapigliatura. Per ì restanti la valutazione tende a confermare~ sia pure attraverso illuminazioni nuove, il giudizio che attribuisce alla Scapigliatura u11 valore preminentemente storico anziché poetico. Ma merito in.dubitabile dello studioso è aver documentato e seguito il perché di questi splendidi fallimenti, grazie a un metodo di lettura, talora di auscultazione, che fonde l'analisi stilistica con la ricerca delle connessioni culturali abbraccianti la mappa vastissima del romanticismo europeo e da questo facendo emergere rilievi e concate11azioni mai finora considerati in tutta la loro molteplicità e con tanta finezza. I vari profili non sono le inerti tessere d'un mosaico che si voglia rico1nporre con laboriosi allineamenti, ma posseggono un'articolazione e una reciproca compenetrazione, tali da formare uno dei più animati affreschi interpretativi del nostro Ottocento letterario. Col solo limite di cui si è detto: che cioè da questa vasta artjcolazione emergono alcune costanti di giudizio finalisticamente protese all'elevazione della pietas piccolo-borghese del De Marcl1i, giustificata « dall'eterno ritmo di quella dolente umanità che ogni personaggio trasfigura in immagine di poesia ». Limite, come si vede, che comporta una propensione al giudizio metastorico, assoluto, molto vicino allo sfumato dolente eternismo in cui anche il Croce faceva risiedere o·gni vera sostanza di poesia, e che naturalmente molto poco concede, sempre sul piano dell'attribuzione di
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