Nord e Sud - anno XVI - n. 111 - marzo 1969

.. ·' Giornale a più voci i quali ne attenueranno la foga con aria competente e tecnocrate». Molti dirigenti parteci,pano a riuriioni di gruppo di questo tipo. La maggior parte cli essi, forse anche per posa, oltre che ·per debolezza intellettuale, ne è entusiasta; uno sparuto num,ero ne è, per fortuna, indignato. E certamente sono questi pochi diri,genti quelli che poi favoriscono presso le loro aziende delle riunio,ni in cui il gruppo discute liberamente di problemi tecnici, economici, del lavoro e finanche della società, per comprendere meglio fenomeni reali e non fenomeni psicologici e introspettivi. In fon·do, queste sono le uniche riunioni valide per una seria attività di formazione, alle quali sarebbe opportuno che i dirigenti partecipassero. Infatti, il gruppo, non viene « trattato», ma trova nella discussione l'occasione cli un arricchimento conoscitivo concreto,. con la guida di un animatore che non finge di essere privo di idee, ma che partecipa al dibattito dando il proprio contributo. Vi sono poi altri tipi di riunioni di gru.ppo che hanno potenzialmente un impo·rtante valore democratico. Sono quelle, poco diffuse, a cui prendono parte tutti i dipendenti ,di un servizio o i rappresentanti di più servizi di uni stessa direzione, per formulare effettivamente un programma di lavoro. La funzione di « capo», qui, non derivereb,be più dalla posizione che il singolo occupa, ma dal ruolo che egli riesce a svolgere d·urante lo stesso lavoro di gruppo. Il « capo », inoltre, non viene valutato solo dai suoi dipendenti, ma anche dai colleghi e dai superiori. Certo, difficilmente ci si può discostare dalle direttive della direzione; tuttavia in ogni piano c'è un margine di autonomia che consente al gruppo di m-igliiorare al massimo gli obiettivi senza che ne venga addossata la res.ponsabilità ad un solo dipendente, la cui azione è spesso frenata dail timore di fare più di quan,to, richiesto,. Per le direzioni generali, il rischio che questi gruppi di lavoro 1 presentano è che si possa giungere alla richiesta, da parte degli stessi gruppi, di scegliere i leaders. Comunque, in questi grup·pi non si ha un autoritarismo mascherato, come in altri tipi di riunioni; quella che può prevalere è l' « autorità» dei fatti. Le persone, messe di fronte alle loro res.ponsabilità collettive, dovranno pur scegliere e decidere. Ma come si spiega che la società non reagisca a questo tipo di autorità e di potere, sostenuto da una modesta classe dirigenziale? Giorgio Ruffolo, nel saggio citato, dà una sp,iegazione a questo interrogativo, anche se la sua analisi riguarda una situazione più generale. « Il potere dei gruppi dirigenti - egli scrive - è tanto più ampio quanto più si sviluppano 1 - sotto r,imp·ulso imprenditoriale - le forze produttive dell'impresa e quanto minore è il controllo che su di essa viene- esercitato da altri gruppi e istituzio 1 ni sociali. In senso più generale, si P'UÒ dire che il potere autocratico dei dirigenti è il risultato di un aumento delle forze produttive che sopravanza, nel suo ritmo, la maturazione della coscienza sociale e, quindi, la capacità· di controllo da parte della società nel suo insieme». Ebbene, p·er quanto tempo ancora la coscienza sociale potrà essere immatura? Oggi rileviamo fenomeni di inquietudine sociale. La contestazione ha 1 coinvolto masse di giovani fra i più sensibili ad un mutamento delle condi77 6ibiiotecaginobianco

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