.. Giornale a più voci all'altra, fino a portare al mutamento di certe condizioni del sistema stesso. Ciò che allora si cerca di perpetuare è, quindi, il rapporto burocratico e autoritario fra le persone. Solo in questo modo si pensa che le direttive, siano esse democratiche o meno, possano essere rispettate. Su questo tipo di politica, il primo rilievo che si può fare è che una direttiva, democratica o antidemocratica, se affidata a collaboratori tecnicamente efficienti ma culturalmente sprovveduti, verrà ad indebolirsi nel corso della sua esecuzione. Infatti, questi collaboratori si muovono con tanto zelo e con tanta cautela nelle innovazioni, da giun.gere ad un risultato che solo apparentemente e per bireve tempo potrà essere considerato positivo. Non essendoci da parte loro una adesione cosciente agli obiettivi fissati dall'azienda,. essi neutralizzano gli effetti innovatori di una politica aziendale e inaspriscono quelli conservatori. Inoltre, per la loro incapacità culturale non riescono a comprendere esattamente i fenomeni sociali che si verificano nel1a stessa azienda: di conseguenza, trasmettono agli alti dirigenti opinioni falsate, che danno poi luogo a nuove direttive, logicamente inadeguate. Questi giu1dizi sui quadri dirigenti di medio livello non sono comunque generalizzabili (c'è sempre chi sfugge ad un controllo del conformismo), né devono far pensare a persone prive di qualsiasi « filosofia ». Possiamo affermare, intanto, che lo spirito di gruppo è da costoro molto sentito, e si sostanzia, con pretese di apoliticità, di un certo qualunquismo tecnocratico che li porta a giudicare con sufficienza il mondo politico per la sua mancanza di autorità e potere. Per questi dirigenti, lo scopo unico dello Stato è la massimizzazione del reddito nazionale, che può essere conseguita con una efficiente utilizz·azione delle risorse e con una ordinata (autoritaria) organizzazione. dei compiti dei cittadini. L'·autorità e il potere derivanti da un certo consenso generale sui fini renderanno gerarchicamente funzionali i rapporti interpersonàli. Il loro obiettivo, quindi, non deriva da una cosciente adesione ad una ideologia, bensì dalle loro attività quotidian·e, attività che tendono alla massimizzazione dei profitti aziendali. Cioè, il compito, e il conformismo atto a soddisfarlo nel migliore dei modi, han·no dato al dirigente la « filosofia » che poi servirà a giudicare il funzionan1ento della società. Il fine della ricerca del massimo profitto, però, i dirigenti lo conseguono assieme a fini di potenza, di prestigio e ,di soddisfazione personale. Ebbene, con quale organizzazione e con quali rapporti interpersonali sono raggiunti tali fini? La classe dirigente è convinta che, per ottenere un risultato positivo, siano necessari comportamenti duttili da parte dei dipendenti. Quando questi comportamenti mancano, i dirigenti cercano di ottenerli. Non più, certo, ricorrendo a metodi rigidi (punizioni e licenziamenti), che costituiscono l'tlltima alternativa, né con una organizzazione palesemente autoritariia: ciò porterebbe a modificare soltain,to g1i atteggiamenti esteriori. I responsabili dei settori produttivi si sono resi conto che la p,roduttività, col tempo, andava diminuendo, e che occorreva pertanto ricercare altre forme di rapporti. La psicologia e la sociologia industriale hanno sufficiente- / mente indicato quali possono essere le forme e i rapporti organizzativi da 75 B.iblioe·caginobianco ,. .
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