Note della Redazione L'anno scorso sembrava che la realizzazione dell'area fosse avviata. La proposta lanciata da un gruppo di scienziati cinque anni fa, accettata, non senza fatica,· dalla classe politica locale, e infine fatta propria dal CNR, era sfociata nell'accordo tra CNR e Ente Mostra d'Oltremare in virtù del quale quest'ultimo dava in fitto sette ettari al CNR. Su questi suoli sarebbero stati sistemati padiglioni, laboratori, servizi comuni, centri di calcolo: insomma le strutture di un'attività di ricerca integrata e razionalizzata. Per la materiale esecuzione delle opere occorreva un placet del Comune, competente in materia edilizia e urbanistica. Il Comune si era più volte dichiarato favorevolissimo, dunque nessun timore. Senonché sono passati molti mesi, ma la delibera comunale non è venuta fuori. Tarit'è vero che in gennaio il presidente dell'Ente Mostra ha ritenuto di inviare una lettera al CNR sollecitandolo a far conoscere se avesse ancora intenzione di tener vincolati i suoli destinati all'area della ricerca. Sollecitazione che è apparsa non priva d'ironia a chi, nel comportamento precedente del presidente della Mostra, mai era riuscito a ravvisare soverchio entusiasmo per l'iniziativa. Che questa lettera possa costituire l'epitaffio per l'area della ricerca non è ancora possibile dire. Chi è convinto, com'è giusto, della connessione tra ricerca e sviluppo economico, ed anche del significato culturale e civile di un progetto carne l'area della ricerca napoletana, spera che non sia così. Se mancherà tuttavia un impegno deciso e concreto, il pericolo del naufragio diventerà certezza. A causa dei ritardi, alcuni ricercatori che avevano trovato ospitalità di fortuna nell'ambito della Nlostra d'Oltremare sono stati costretti a cercar sede altrove, ad Arco Felice. Altri che avevano impostato dei programmi in vista dell'area della ricerca, hanno studiaro soluzioni diverse. Viene meno la prospettiva di attività di ricerca integrate, razionalizzate, più produttive e, soprattutto, capaci di attirare altri ricercatori e di far accendere un interesse verso Napoli da parte di industrie operanti in settori che presuppongono un forte contenuto di ricerca scientifica. C'è poi un pericolo indiretto, connesso alle iniziative silnilari che, adottate in ritardo rispetto a Napoli ma portate avanti con maggior concretezza, si registrano in altre città italiane. C'è una mozione del comitato per la chimica del CNR a favore di un'area di ricerca a Torino. L'idea di umi « città della scienza» milanese è stata formulata in una « tavola rotonda» tenutasi a Milano, presenti il ministro per la ricerca scientifica, il sindaco della città e numerosi scienziati. E ci sono iniziative che interessano Rorna, Pavia e altre città. Napoli rischia di perdere una primogenitura e, con essa, disponibilità di fondi; ma soprattutto rischia di perdere uomini e laboratori, che potrebbero non venire a Napoli, o addirittura trasferirsi da Napoli. Dell'area della ricerca napoletana, in tal caso, quand'anche realizzata, resterebbe ben poca cosa rispetto ai progetti originari; non ne sortirebbe quell'organismo vitale ai fini della connessione ricerca-sviluppo, della promozione civile e culturale, che era nei vati e nelle possibilità. 65 Bibiiotecaginobianco
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