Ent.o Vellecco ci fu an,che questa: « ila propensione al lavoro, in un,a economia nella quale esiste un vasto settore agricolo relativamente ,dep,resso, è a sua volta fortemente condizionata dal concreto manifestarsi di o·ccasioni di l,avoro nei settori avanzati, e particolarmente nell'industria... Esistono, dunque valide ragioni per rite·nere che il potenziale di lavoro del paese sia anco.ra notevo.Jme11te più ampio dell'offerta misurata oggi dalle indagini statistiche, e che il p,roblema ,dell'occupazione· permanga dell'ordine p•rospettato dal Piano economico nazionale » 2 • A questo punto non credo che abbia un grande valore rilevare che i.I ta,sso ·di attività che si registra nella popolazione di e-erti paesi potrebbe militare- a favore di un,a tesi opposta. Dire che il Canada o gli Stati Uniti hanno un tasso di attività analogo al nostro, non significa molto·. Così come dire c·he questi paesi hanno un tasso di diso·ccup·azione simile a quello italiano, denota nella migliore d.elle ipotesi una no,n « •con·oreta » conoscenza del co11testo socio-economico nel quale quei dati vanno a collocarsi. Ma se pro,prio si vuole andare a cercarle, le illuminazioni su questo contesto, ·non sono poi difficili da ritrovarsi. Si pensi per un momento a cosa può celarsi dietro il settore che genericamente si definisce con la vo·ce « altre attività ». Ci sono i servizi, c'è la pubblica amministrazione e tutte le attività indipendenti. Questo settore, ·dopo aver assorbito largamente mano d'o·pera, anche negli anni in cui l'industria non ne richiedeva, ma anzi ne espelleva (come nel 1964 e nel 1965) sembra avere, almeno momentaneamente, esaurito la sua cap,acità di occupazione. Ma chi conosce la condizione di una larga parte di questo set'to·re dovrebbe comin• ciare a chiedersi ragione della sua efficienza. È noto che, specie nelle zone di minore svilupp,o industriale, i servizi in genere e quelli commerciali in particolare sono gestiti in ,con·dizioni di bassissima produttività. Né mancano casi in cui queste attività sono fo·nte di costi suppletivi per l'economia. Siamo, per intenderci, nel campo della polverizzazione· dei punti di vendita, nelle selva delle infinite 2 Una nota del tutto chiarificatrice in proposito è quella scritta da Nicola Cacace e apparsa sotto il titolo: I disoccupati volontari: commento ad un articolo del Prof. De Meo, nelle lettere all'editore di « Mondo Economico», n. 44 del 2 novembre 1%8, p. 21, dove è detto tra l'altro: « nell'ottobre del 1966 l'Istat denunciava 682 mila non occupati con un tasso cli disoccupazione del 3,5%; le valutazioni fatte dal 1° Gruppo della Conferenza Triangolare porterebbero i soli non occupati (con esclusione degli occupa.ti in attività precarie) ad U11acifra almeno doppia di quella ufficiale, con un tasso di disoccupazione reale non inferiore al 7%. Siamo quindi di fronte ad una situazione più drammatica di. quanto le cifre ufficiali sulla disoccupazione possano indicare». 54 Bibiiotecag inobianco
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